Filippo Taddei, 37enne docente alla John Hopkins University di Bologna e neoresponsabile economico della segreteria Pd a guida Renzi, ha rilasciato un’intervista al quotidiano la Repubblica, nella quale ha spiegato le prossime mosse per il rilancio dell’Italia attraverso l’applicazione del programma economico di Matteo Renzi (stilato nel dettaglio dal suo consigliere speciale e deputato democratico Yoram Gutgeld).
Per Taddei la sua nomina al ruolo di punta della dirigenza dem non contrasta con il sostegno dato a Civati nelle primarie appena concluse: “Il mio legame con Civati non cambia, credo anzi che questo sia un riconoscimento di Renzi al suo impegno e alle sue capacità” e ci tiene a precisare che le (poche) critiche fatte nei mesi scorsi alla Renzinomics non intendevano smantellare l’impianto programmatico del neosegretario: “Ho fatto soltanto qualche rilievo”, ha detto Taddei.
Il ruolo del giovane docente bolognese (ma non chiamatelo così: “Ho 37 anni, in qualunque altro Paese sarei grande da tempo”) sarà certamente quello di ministro ombra del governo Letta e soprattutto di spina nel fianco di Fabrizio Saccomanni: “Bisogna spostare l’attenzione su temi veramente importanti. Abbiamo perso l’ultimo anno a parlare di Imu, dimenticandoci il lavoro”, ha sottolineato con forza Taddei.
E ancora: “Fabrizio Saccomanni e Stefano Fassina – il duetto allocato stabilmente al Mef – sono economisti esperti da cui c’è sempre da imparare. Non ci saranno problemi, ma è chiaro che il Pd, prima forza politica del Paese, deve promuovere il vero cambiamento: produrre pensiero e proposte concrete”. Ma, finiti gli elogi, Taddei è stato meno diplomatico nel dare un giudizio sull’operato del governo: “Le larghe intese certamente non aiutano a occuparci dei grandi mali del paese”, confermando così i dubbi sul cambio di passo richiesto dagli elettori democratici e non solo.
Dunque la Renzinomics punterà su due pilastri portanti come il lavoro e la crescita, a partire dalla diminuzione del carico fiscale su redditi e imprese, in linea con la nuova svolta progressista del sindaco di Firenze: “Abbassare le tasse è di sinistra”, ha infatti urlato domenica scorsa Renzi dal palco dopo la larga vittoria su Cuperlo e Civati. Per Taddei “va bene un partito che si occupi con grande enfasi del rifinanziamento della cassa integrazione”, ma serve “la stessa attenzione e preoccupazione per quei disoccupati che dalla cassa integrazione neppure sono coperti”.
Sul fronte della tassazione invece il responsabile economico del Pd ha detto: “Non possiamo nasconderci dietro a un dito. Le tasse seguono la spesa pubblica. Se vogliamo tagliarle dobbiamo iniziare da qui. Secondo Eurostat, nel 2010 la spesa per gli organi esecutivi, legislativi e affari esteri è in Italia di 1% di Pil più alta della Gran Bretagna, dello 0,7% più alta della Germania e dello 0,8% maggiore che in Spagna. Parliamo di 16 miliardi di euro e non si capisce per quale motivo. Dobbiamo tagliare”, operazione che però non è fattibile nel breve termine: “Dobbiamo anche essere consapevoli che non ci riusciremo in un mese o in un giorno: questo è un programma di legislatura che si rifletterà in benefici per i lavoratori”, ha concluso il nuovo astro nascente democrat.
“Un lavoratore con un reddito lordo di 30 mila euro l’anno guadagna circa 1.700 euro netti al mese. Un aumento di 100 euro potrebbe fare la differenza e cancellare le preoccupazioni dell’Imu, ma in tasca al lavoratore entrano poco più di 40 euro, gli altri vanno in tasse. Cambiamo passo, il Pd deve farlo”, ha incalzato Taddei, difensore e attuatore della Renzinomics che potrebbe riammodernare l’Italia nei prossimi anni. Sempre che Letta e Alfano non vogliano fare a meno del consenso renziano.