Arriva la cura Monti

Pubblicato il 9 Dicembre 2011 alle 09:28 Autore: Matteo Patané
cura monti

[ad]Proprio a proposito di province, il Governo Monti non si è dimenticato dell’espressa volontà di sopprimerle, e imprime una decisa accelerata al processo, con una riforma che ne trasforma radicalmente le competenze ed il significato stesso. Verranno infatti ridotti a 10 membri i consigli provinciali, con la riduzione dal 30 novembre 2012 di oltre 500 consiglieri, e saranno organismi eletti dagli amministratori locali e non più per elezione diretta, in una sorta di applicazione generalizzata delle città metropolitane previta dall’ultimo Governo Berlusconi. Inoltre i compiti delle province dovranno essere unicamente di controllo e indirizzamento dei Comuni in temi di scuola e reti viarie, senza più alcun reale potere decisionale. A tal punto si spinge l’opera di Monti che scompare la compartecipazione provinciale all’IRPEF, lasciando quindi il solo bollo auto come fonte di ingresso per tali enti. Un colpo di fatto mortale all’istituzione provinciale, che sopravviverà in forma evanescente nell’attesa della definitiva cancellazione.

Verrà inoltre eseguito un accorpamento degli organismi di garanzia e degli enti previdenziali, mentre alcuni enti, come l’agenzia per la sicurezza nucleare o l’agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione, saranno semplicemente soppressi.

Sul fronte della politica, oltre alla proposta autonoma del Parlamento sul passaggio al contributivo per i parlamentari, emerge dalla manovra economica il divieto di cumulo degli stipendi per chiunque ricopra cariche elettive previste dalla Costituzione.

Inoltre verrà anticipata la prescrizione delle lire ancora in circolazione, a favore dell’erario.

La principale fonte di cassa della manovra, tuttavia, sarà una imponente riforma del sistema previdenziale, ristrutturato in modo sostanziale e molto pesante per i cittadini italiani. L’entità della riforma ricorda da vicino lo scalone Maroni del Governo Berlusconi III, ma vi sono elementi nella proposta dell’attuale esecutivo che rendono questa riforma ancora più pesante per i lavoratori.
Il primo punto della manovra riguarda un ulteriore innalzamento dell’età pensionabile: a fronte infatti dell’eliminazione della finestra mobile, dal 1 gennaio 2012 l’età pensionabile delle donne sarà 62 anni e quella per gli uomini sarà 66 anni. Ad entrambe le quote sono da sommare 6 mesi per gli autonomi. La finestra di uscita potrà spingersi fino a 70 anni. Negli anni successivi, le donne inizieranno un percorso di adeguamento dell’età pensionabile fino al raggiungimento degli uomini nel 2018; il primo scaglione sarà 63 anni nel 2014. Dal 2020 l’età pensionabile sarà 67 anni per tutti.
In secondo luogo, la rivalutazione sulle pensioni sarà azzerata salvo per una quota parte inferiore o pari al doppio dell’assegno sociale, quindi intorno ai 950 €.
Il terzo aspetto riguarda il passaggio al regime contributivo per tutti, anche per coloro che con la riforma precedente avevano mantenuto il retributivo. Per costoro la quota contributiva scatterà a partira dal 1 gennaio 2012.
Infine, le pensioni di anzianità: spariranno le finestre previste dal Governo Prodi, e l’età di 40 anni verrà innalzata a 41 e un mese per le donne e 42 e due mesi per gli uomini. Tuttavia, tale quota da sola non verrà considerata sufficiente: chi avrà infatti i requisiti di anzianità contributiva ma non quelli di vecchiaia potrà lasciare il lavoro con una penalizzazione del 3% per ogni anno di anticipo sulla soglia di vecchiaia.
Le persone maggiormente penalizzate da questa riforma sono i nati nel 1952, che per nemmeno un mese vedono ingigantirsi il tempo di permanenza sul lavoro. Ad esempio, una donna nata nel 1952 con 36 anni di servizio a fine 2011 è passata dall’andare in pensione nel 2012 con la riforma Prodi al 2013 con l’apertura della finestra mobile di Tremonti e ora potrà andare in pensione nel 2015, a 63 anni, non potendo nemmeno sfruttare soglia 62 in quanto nel 2014 vi sarà un ulteriore scalino automatico. Peggio ancora va agli uomini: un uomo nelle medesime condizioni di anzianità lavorativa vedrà la propria pensione slittare dal 2013 al 2018, ovvero cinque anni di lavoro in più.
Rivoluzionato anche il sistema dei lavori usuranti: se infatti fino al 2017 sarà necessario aver svolto per sette anni un lavoro considerato tale per avere diritto all’accesso alla pensione anticipata, dal 2018 tale periodo sarà portato a metà della propria vita lavorativa.
Infine, le aliquote del prelievo sugli autonomi, attualmente inferiori di circa il 10% rispetto ai dipendenti, subiranno un incremento dello 0,3% annuo fino al 2018, per ridurre almeno in parte ilgap.
Una manovra oggettivamente pesante, pensata con il solo scopo di fare cassa.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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