Quando il calcio denuncia il regime
Una piccola ma significativa notizia, la seguente: otto titolari e l’allenatore della nazionale di calcio dell’Eritrea sono dati ufficialmente per dispersi in Kenya, dove si trovavano per il torneo delle East and Central Africa Football Associations. Secondo quanto riportato dalle radio e i siti di informazione dell’opposizione al governo di Asmara, i giocatori e il loro coach, Omer Ahmed, si sarebbero resi irreperibili subito dopo aver perso l’accesso al girone successivo con l’intenzione di chiedere asilo politico.
Non ho potuto fare a meno di ripensare al naufragio drammatico di Lampedusa, nell’ottobre scorso, nel quale le vittime erano quasi tutti in eritrei in fuga dallo stesso paese dal quale è fuggita l’intera squadra di calcio nazionale. Vi ricordate in ottobre quante domande? Ma perché fuggono? Da che cosa scappano? Vale la pena?
Questa piccola notizia che farà fatica a trovare spazio sui giornali la dice lunga. L’Eritrea è una sorta di prigione a cielo aperto con un regime di criminali che nessun governo denuncia alla Corte Penale Internazionale dell’Aja sebbene si siano realmente macchiati (e continuano a a macchiarsi) di crimini contro l’umanità. L’Italia, ai tempi di Lampedusa, aveva addirittura invitato l’ambasciatore eritreo alla cerimonia funebre: il rappresentante degli aguzzini che andava a versare lacrime di coccodrillo sulle sue vittime.