La depressione, una patologia della disuguaglianza

Pubblicato il 16 Dicembre 2013 alle 18:59 Autore: Marco Caffarello
La depressione, una patologia della disuguaglianza

Sono sempre più i ceti più bassi e i più giovani ad essere coinvolti nei disturbi della personalità, fino alla depressione. Solo in Italia recenti studi affermano che sono 17 i milioni di italiani a soffrire di disturbi della personalità, e la maggioranza di questi sono i più poveri. La depressione è una malattia a tutti gli effetti invalidante che azzera l’autostima del proprio sè, e tra le sue ‘vittime’ anche i figli delle coppie meno abbienti.

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Se c’è una classe sociale che più di ogni altra soffre di depressione, non ci sono dubbi, ahimè; il male oscuro, il male dell’anima coinvolge sempre più, e quasi esclusivamente, i ceti più bassi e più poveri. L’attuale condizione economica, tanto italiana, quanto internazionale, ne dà una palese conferma; se si leggono i dati statistici delle tante indagini e ricerche effettuate in questi ultimi anni caratterizzati dall’instabilità dei mercati, si evince infatti che sono sempre più le classi povere a soffrire di disturbi della personalità e della cd. depressione maggiore, un disturbo da considerare a tutti gli effetti come una qualsiasi patologia invalidante, essendo capace di sabotare e cancellare tutti quei benefici del normale stato di salute mentale che in quanto tale condizionano la buona ‘percezione’ che si ha di sé. Essere depresso o soffrire della cd. depressione maggiore, da un punto di vista clinico, significa infatti perdere definitivamente e in forma cronica l‘autostima di sé, essere incapace di recuperare le essenziali energie mentali e psicofisiche che caratterizzano un qualsiasi sano stato di salute mentale, e una perdita pressoché assoluta di interesse per le cose, per gli affetti, per ciò che ci circonda. A questa condizione personale del soggetto si aggiungano, infatti, tutte quelle conseguenze che da un siffatto stato di salute si ‘rovesciano’ in seguito nelle relazioni con i propri familiari, con i propri colleghi, con gli amici, con l’effetto inevitabile di aumentare lo stato di disagio tanto del singolo, quanto degli altri. Solo in Italia una recente indagine della Società Italiana di Psichiatria afferma che sono quasi 17 i milioni gli italiani a soffrire di un disturbo della personalità, e tra le donne i tassi sono doppi rispetto agli uomini.“Sono otto i milioni di italiani che soffrono di stati d’ansia, quattro lottano contro la depressione, altri quattro hanno problemi di insonnia e oltre un milione soffre di disturbo post- traumatico da stress: in tutto, sono 17 milioni gli italiani che soffrono di un disagio mentale. E la crisi economica non fa che peggiorare le cose:tra le persone meno abbienti, infatti, i tassi di ansia, depressione e abuso di alcol e sostanze sono doppi rispetto a chi, invece, ha meno difficoltà economiche. E tra le donne i tassi sono doppi rispetto agli uomini.” spiega Claudio Mencacci, Presidente della Società Italiana di Psichiatria, che poi continua, “Tra le problematiche più frequenti, e che se sottovalutate possono portare a problemi mentali gravi, ci sono gli stati d’ansia.”

Ciò che davvero preoccupa è che l’azzeramento del benessere psicofisico delle persone investe, come si è detto, sopratutto i ceti più bassi, certamente più esposti a contrarre, data tutte le difficoltà contingenti che sono chiamati a superare quotidianamente, disturbi della personalità e della percezione del proprio sé. Non a caso un recente articolo della Gazzetta di Modena riportava che solo nella città ducale “i poveri sono aumentati notevolmente, passando da 21mila a 59mila. I giovani severamente poveri sono passati da 2mila a 10mila. Nel mentre, come dimostra uno studio Passi del 2012, è aumentato il numero di sintomi depressivi, specie tra i più giovani. Nella piccola realtà della città emiliana, ne soffrono undici su cento tra i 18 e 24 anni e otto su cento tra 25 e 34 anni. Dati che superano i valori sia regionali (7% per le due fasce) sia nazionali (5%)”.

E’ importante comprendere  che esiste un collegamento diretto tra l’esclusione sociale dei ceti più poveri generata dalla crisi economica e i disturbi della personalità, una correlazione che viene confermata tra l’altro anche dall’attuale viceministro al Lavoro, Maria Cecilia Guerra, che così afferma:”«Esiste un collegamento evidente tra la povertà, la disoccupazione, l’emarginazione e il disagio psichico: l’una è conseguenza e causa dell’altro.” Anche i più recenti dati Istat confermano, ahimè, l’associazione diretta tra difficoltà economica e genesi dei disturbi della personalità: secondo l’ente di ricerca nazionale sono 7 i milioni di italiani a ‘rischiare’ un collasso del proprio benessere mentale, un percorso traumatico che dapprima si manifesta in sensazioni d’ansia ed angoscia, per poi sfociare in veri e propri ‘attacchi di panico’, alcuni dei quali hanno un risvolto, come la cronaca racconta, tragico. Ciò perchè, come afferma alla stampa Paola Vinciguerra, psicologa, psicoterapeuta, fondatrice dell’ Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico, ed autrice di una serie di studi sulle conseguenze psicologiche generate dalla crisi economica, “le persone coinvolte nei disagi sociali, che hanno difficoltà economica, non sono in grado di reagire ai cambiamenti, non sono pronte, non hanno gli strumenti. Le patologie della sfera psicologica, ansia, depressione, attacchi di panico, disturbi ossessivi compulsivi stanno aumentando a macchia d’olio tra la popolazione sia giovane sia avanti con l’età.”La cronaca degli ultimi cinque anni, la lunga lista di suicidi, i tanti gesti estremi compiuti da persone soffocate dall’inflessibilità del fisco o da montagne di debiti con gli istituti di credito, così come tutti coloro che hanno perso il proprio posto di lavoro, o proprio non riescono a trovarlo, non sono altro che la più diretta conferma di quanto quì viene affermato.

A conferma di quanto siano invalidanti disturbi della personalità legati alla condizione economica in essere, uno studio, questa volta americano, del Child’s Trend, dimostra che madri di bambini piccoli coinvolte in disagi sociali ed economici sono spiccatamente più inclini a contrarre disturbi psicofisici rispetto alle loro ‘colleghe’ più facoltose, e normalmente anche più istruite, per un incidenza pari al 36%. Ma il vero dato preoccupante che emerge dallo studio è che l’invalidità psicologica nata con il binomio povertà e crisi dell’autostima non riguarda solo i genitori, ma coinvolge anche i bambini, certamente molto più fragili e particolarmente esposti ad assumere comportamenti depressivi sin dalla più tenera età. Questo perchè le madri con problemi della personalità investono meno tempo con i propri figli in attività positive come la lettura, le gite fuori porta, escursioni al parco e giochi in famiglia. Inoltre le madri depresse hanno meno probabilità di allattare i propri figli e si dimostrano meno attente a prendersi cura dei propri figli

Una famiglia che si trova a cambiare stile di vita per la crisi economica difficilmente rimarrà unita”, spiega ancora la dott.ssa Vinciguerra, che poi prosegue” Si perderanno i coniugi, ognuno dei due chiuso nelle proprie preoccupazioni che portano paura, ansia, stati d’animo negativi; si deprimeranno i figli ai quali nessuno aveva insegnato, nella maggior parte dei casi, a ricercare gli stimoli per superare una crisi. Abbiamo educato la generazione dei ragazzi ad avere tutto e subito, non a lottare per ottenere”. Riferiscono dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che il 17% della popolazione mondiale ha soffero almeno una volta nella vita di disturbi gravi della personalità, e nonostante gli enormi costi sociali di questa malattia invalidante, è ancora in gran parte sconosciuta una terapia che possa valutare concretamente il rischio di cadere in un episodio depressivo serio.

http://gazzettadimodena.gelocal.it/cronaca/2013/10/19/news/la-poverta-crea-esclusi-e-aumenta-la-depressione-1.7956586

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