Il governo Monti ricomincia da tre
Molti sono i fronti aperti per il governo Monti dal punto di vista economico e politico: il vertice europeo di Bruxelles del 9 dicembre si è concluso con la decisione di dar vita ad un nuovo trattato entro il marzo del 2012. E come è noto il Regno Unito si è sfilato dall’accordo. Al tempo stesso continua il dibattito italiano sulla manovra e sono stati respinti in commissione bilancio il 30% degli emendamenti presentati dal Parlamento. Infine, cercando nuovi fondi per qualche correzione alla manovra, c’è il tema del fronte sindacale che Monti intende affrontare seriamente e con scientificità.
Ma andiamo in ordine.
[ad]Nonostante questo esecutivo sia in carica da meno di un mese sono stati già tanti gli incontri internazionali al vertice che hanno riguardato il nostro nuovo presidente del consiglio: l’ex presidente del cda della Bocconi ha già avuto modo di incontrare Barroso, Van Rompuy, Merkel, Sarkozy (questi ultimi due in un vertice ad hoc tra Germania, Francia e Italia), Cameron e il primo ministro polacco Donald Tusk. Il tutto per quanto riguarda i bilaterali, cioè senza contare il vertice europeo di tutti i capi di stato e di governo dei 27 e senza contare le delegazioni incontrate in quanto ministro dell’economia (da segnalare quella col segretario del tesoro usa Geithner, avvenuto nella prefettura di Milano nella giornata di giovedì).
Cosa ne deduciamo da questo iperattivismo del Professore? Due elementi. Il primo: l’Italia aveva un serio problema di credibilità internazionale. Da qui la forte necessità di far emergere agli occhi dell’opinione pubblica mondiale l’esistenza di un paese diverso da quello delle barzellette e della leggerezza al governo. Una forte vocazione a farsi ascoltare all’estero del resto obbligata, considerando la critica situazione dei conti pubblici italiani capaci, questi sì, di mandare in default l’intera Europa nella peggiore delle ipotesi. In secondo luogo Monti ha accentrato molto le competenze tecniche e politiche di questo governo e ciò lo spinge anche ad una girandola di incontri. Questo non solo perché ha mantenuto l’interim del ministero dell’economia, ma anche perché di fronte ad un governo di soli tecnici, alcuni nella primissima fase sconosciuti ai più, era naturale da parte sua il porsi come punto di riferimento per la comunità nazionale. Semplificando al massimo, e forse scherzando anche un minimo, si tratta pur sempre dell’unico parlamentare di questo esecutivo! Da qui il suo ruolo politico dirimente che se rischia di danneggiare qualcuno non è certo all’interno del suo governo bensì all’interno delle forze politiche che sostengono questo esecutivo di “impegno nazionale”.
Sul fronte interno invece impazza ancora la discussione sulla manovra. Si chiedono dei correttivi parlamentari ma dei 1400 emendamenti presentati in Parlamento ne resteranno solo 800. Questo perché va bene discutere di modifiche ed è un obbligo trovare forme di concertazione con le forze parlamentari. Ma al tempo stesso i saldi di questa manovra devono restare invariati, perché si tratta di una medicina amara che va mandata giù il più presto possibile. Da qui un lavorio dei tecnici imponente di fronte a due richieste unanimi che dovrebbero portare ad una correzione parziale dei saldi della manovra: si tratta dell’Imu e dell’indicizzazione delle pensioni.
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