Se avessi avuto più tempo, almeno sei mesi, per mettere mano anche all’evasione, avrei fatto una cosa più equa.
Con queste parole il Presidente del Consiglio Mario Monti ha risposto alle critiche di chi ritiene la nuova manovra economica poco equa, sbilanciata sul lato delle entrate, incapace di dare quel necessario cambio di rotta che, dopo le dimissioni di Silvio Berlusconi, gli Italiani aspettavano con ansia e speranza.
Come già dettagliato in precedenza, il cosiddetto decreto Salva-Italia è estremamente complesso, ma se si guardano i saldi della manovra, si nota come l’intero provvedimento si riduca a due, forse tre, interventi: IMU, pensioni, e in misura minore l’incremento delle accise sulla benzina.
Se infatti è vero che la nuova IMU disegna una situazione strutturalmente simile all’ICI lasciata dal Governo Prodi nel 2008, il sistema di rivalutazioni delle rendite catastali, le aliquote fissate e l’importo detraibile definito dalla manovra la rendono molto più pesante dal punto di vista economico.
Sicuramente vengono colpite le seconde case: ad esempio, una seconda casa con valore catastale non rivalutato di 140 € (come può essere un monolocale in luogo turistico) passa da 112 € a 180 € annui; una seconda casa con valore catastale di 450 € (il tipico appartamento ereditato da genitori o nonni) schizza da 360 € a quasi 580 €. E tuttavia la stangata arriva anche sulle prime case: un appartamento con valore catastale di 350 € passa dall’esenzione totale a 35 €: la nuova legge fissa infatti intorno a 297 € di rendita catastale non rivalutata la soglia oltre la quale l’IMU inizia a farsi sentire anche sulla prima casa.
I calcoli sono stati fatti con aliquote medie: nel caso – probabile – in cui i Comuni decidessero di avvalersi dell’aliquota massima l’IMU nei tre casi segnalati passerebbe rispettivamente a 250 €, 800 € e 150 €.
La nuova IMU è la prima voce di entrata della nuova finanziaria.
Passando alle pensioni, il tema economico è strutturato su tre punti principali: l’aumento delle aliquote previdenziali dei lavoratori autonomi, il passaggio al contributivo e l’innalzamento dell’età pensionabile. Anche se i punti in cui il cittadino versa soldi allo Stato sono i primi due, il tema doloroso riguarda soprattutto la terza voce dell’elenco. A regime la riforma comporterà un incremento dell’età media di pensionamento di circa quattro anni, ma è estremamente significativo il caso dei lavoratori nati nel 1952, per i quali – a meno di un mese dalla maturazione del requisito di età previsto dallo scalino di Prodi – si prefigura di colpo uno slittamento dell’età pensionabile dal 2013 al 2018.
L’incremento delle accise, infine, ha portato i prezzi dei carburanti a dei veri e propri record probabilmente a livello mondiale, con la benzina che si sta assestando intorno agli 1,7 € al litro. Considerando che all’ingresso della moneta unica, nel 2002, il prezzo si aggirava intorno all’euro al litro, in un decennio si è avuto un incremento medio di circa il 6% annuo, un valore assolutamente esorbitante.
Il peso di un simile, folle, incremento è tanto maggiore se si tiene conto del fatto che ormai si tratta di un bene di prima necessità per la vita quotidiana e degli impatti a catena sui prezzi di tutti i beni che, nel loro ciclo produttivo e logistico, richiedono una fase di trasporto.
Dinanzi a tutto questo le tre tasse sui beni di lusso o l’imposta sui capitali scudati impallidiscono in termini di apporto finanziario, non arrivando a due miliardi complessivi di introiti per lo Stato.
La moanovra è molto altro: vi sono misure antievasione come la tracciatura dei capitali o l’obbligo di inserimento del canone TV in dichiarazione dei redditi, ma certamente non sono lenitivi sufficienti per chi si ritroverà stangate da un migliaio di euro annui o dovrà restare al lavoro per cinque anni in più.
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[ad]La manovra doveva essere dura e così è stato. È impossibile fare a Monti una colpa di questo, ilpremier ha ereditato una situazione oggettivamente molto complessa e problematica e ha avuto il dovere di agire con poco tempo a disposizione. Monti è stato in grado di delineare molto bene la situazione, quando ha spiegato che nelle casse dello Stato vi è liquidità sufficiente per pagare gli stipendi fino a febbraio, a maggior vergogna di coloro che per anni hanno nascosto la crisi sotto il tappeto, fingendo che non esistesse o non ci riguardasse.
Che la manovra fosse poi orientata a destra si sapeva: le personalità del Governo e la composizione del Parlamento escludevano possibili alternative.
Vi sono tuttavia atti di mancata equità o vero e proprio abuso che di fatto screditano l’opera del governo e ne gettano ombre sull’operato. La manovra di Mario Monti si presta infatti a una serie di critiche, ben delineate e argomentate, che non possono essere respinte con la semplice scusa della mancanza di tempo.
Il primo tema riguarda naturalmente l’IMU alla Chiesa. Il Presidente del Consiglio ha affermato di non aver affrontato l’argomento. Perché? Di quali approfondimenti si necessitava che non servivano per le normali unità abitative? Quali considerazioni erano necessarie per chiedere sacrifici alla Chiesa Cattolica che invece non servivano per chiederli ai comuni cittadini?
Sempre in tema di IMU, sondando le rivalutazioni catastali è impossibile non rendersi conto di evidenti disparità di trattamento: per quale reagione i beni su cui già oggi la Chiesa paga l’ICI non hanno subito alcuna rivalutazione? E per quale ragione la rivalutazione degli estimi sui beni di banche e assicurazioni, sugli alberghi e sui porti, è nettamente inferiore a quella delle abitazioni private? Quali ragionamenti hanno portato il Governo a chiedere più sacrifici ai cittadini comuni che alle banche?
Ma è sui costi della politica che si concentrano le principali critiche al Governo: la polemica sulle riduzioni dei compensi ai parlamentari, comma uscito prontamente dalla blindatissima manovra dell’esecutivo in quanto lesivo della dignità del Parlamento, è stata accolta dall’opinione pubblica con incredulità prima ancora che con indignazione. Una scena surreale, che lascerà altre ferite nel rapporto tra gli Italiani e la politica. Se è vero che i protagonisti di questa deprecabile sceneggiata sono i parlamentari più che i membri del Governo, la linea permissiva del Presidente del Consiglio non è passata inosservata.
Altro tema dolente sono le province: Monti aveva fatto un piccolo passo verso la loro eliminazione, ma improvvisamente ecco spuntare un codicillo che ne regola l’effettiva riforma ad una legge successiva.
Da più parti è stato detto che i costi della politica sono provvedimenti simbolici, che non possono realmente sanare la nostra economia e influire sulle nostre vite. Ma il costo delle 629.000 auto blu italiane – record mondiale, un numero superiore alla popolazione di una città come Genova – pur essendo di difficile valutazione, si aggira tra i cinque e i venti miliardi di euro, a seconda della fonte. Anche assumendo la cifra inferiore, è un valore economico superiore a quanto il Governo conta di ricavare dalla riforma delle pensioni. Che cosa era troppo difficile su questo tema, per il Professor Monti, da non essere fattibile in tre settimane di Governo?
E che dire della famosa asta sulle frequenze TV, su cui Berlusconi ha posto il veto per non dover sborsare troppi soldi di Mediaset?
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[ad]Ecco, forse gli Italiani si erano illusi, dopo aver provato destra e sinistra, che un governo tecnico avrebbe realmente lavorato per l’Italia, che avrebbe fatto scelte comprensibili e condivisibili pur in un’ottica di differenze politiche che per forza di cose avrebbe scontentato qualcuno – il popolo di sinistra – più di altri.
Il rapporto con il precedente Governo diventa più stretto ad ogni lettura della manovra, ma rispetto all’esecutivo guidato da Berlusconi vi sono addirittura meno scusanti: diventa infatti difficile ritenere il Presidente del Consiglio ed i suoi ministri persone poco preparate, e credere che quanto abbiano scritto nel testo della manovra sia dovuto a ignoranza o ad un’errata valutazione. Diviene quindi logico pensare che in realtà Monti volesse salvaguardare le banche e la Chiesa, volesse colpire le pensioni, volesse essere accomodante con la casta politica. La crisi di rappresentatività che ne deriva è un fattore molto grave: i cittadini hanno ormai le spalle al muro, non possono aspettarsi rappresentazione dal Governo e dai partiti che lo sostengono, e difficilmente potranno darla ai partiti che non lo sostengono, perché a loro volta ai posti di comando il giorno precedente – la Lega Nord – o quello prima – l’Italia dei Valori. Sicuramente trarranno giovamento in termini di consenso forze oggi marginali e fuori dal Parlamento, ma se la manovra, fermi restando i saldi, non diverrà più equa in Parlamento, sarà forte nei cittadini l’idea di essere dinanzi all’ennesimo furto legalizzato, e, in assenza di un’adeguata rappresentanza politica, la tentazione di iniziare a farsi giustizia da soli.