Dopo otto anni di trattative, il 15 Novembre quindici paesi asiatici e del Pacifico hanno firmato il più grande patto di libero scambio del mondo. Il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) copre mercati per un totale di 2.2 miliardi di persone e 26mila miliardi di PIL. Composto da circa il 30% della popolazione e del PIL mondiale, RCEP supera il Mercato Unico Europeo diventando il più grande blocco commerciale al mondo. Oltre alla Cina, principale sponsor dell’accordo, il trattato include Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda e tutti i paesi membri dell’ASEAN. Il patto semplifica gli scambi commerciali fra le principali economie asiatiche, che dopo una stagione di duri lockdown ora tentano di far ripartire la crescita economica.
I grandi assenti
Gli Stati Uniti sono assenti, avendo a lungo tentato di convincere i paesi asiatici ad unirsi invece al loro trattato commerciale, il Trans-Pacific Partnership (TPP). Il TPP escludeva la Cina e parte dei paesi ASEAN rispetto al RCEP, aggiungendo invece paesi del continente americano come Messico e Cile. Il TPP, fortemente voluto dal Presidente Obama, è rimasto incagliato a lungo nelle trattative. Nel 2017, l’amministrazione Trump ha dato il colpo di grazia al progetto e ritirato la firma statunitense.
Gli 11 altri paesi dell’ex TPP hanno firmato nel 2018 il Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CPTPP), formando all’epoca la terza area di libero scambio al mondo dopo il Mercato Unico Europeo e l’Accordo USA-Messico-Canada (USMCA).
Altro grande assente è l’India, che partecipò alle trattative iniziali ma si ritirò nel 2019. Il deficit commerciale e le recenti tensioni di confine con la Cina sono per ora le motivazioni dell’assenza. Il RCEP rimane comunque aperto a nuovi membri: l’India, in quanto parte delle trattative originali, potrà unirsi in ogni momento, mentre altri paesi asiatici o del Pacifico dovranno attendere 18 mesi dall’entrata in vigore dell’accordo.
I contenuti
L’accordo punta a ridurre i dazi sul 92% dei prodotti commerciati fra i paesi membri, e a liberalizzare il 65% dei servizi. Il trattato inoltre include regole comuni su investimenti e proprietà intellettuale, semplificando gli affari nella regione. Il maggiore impatto economico deriverà però dalle nuove regole d’origine dei prodotti. Al momento infatti un prodotto cambogiano, composto però da parti giapponesi, potrebbe essere tassato come importazione estera nell’ASEAN. Le regole d’origine unificate renderanno tutti i prodotti del blocco uguali in termini di dazi. Questo incentiverà le aziende a organizzare le proprie forniture e catene di produzione nei paesi RCEP invece che fuori dal blocco. L’accordo inoltre prepara le basi per ulteriori accordi bilaterali fra paesi, specialmente Corea, Giappone e Cina. Prima di firmare RCEP infatti nè Cina-Giappone, nè Giappone-Corea erano mai riusciti a stipulare un trattato commerciale bilaterale.
Gli obiettivi cinesi
Mentre per alcuni membri il trattato sarà un’occasione per incrementare gli export, la Cina invece ha negli ultimi anni reindirizzato la propria economia verso una crescita spinta dai consumi interni. L’accordo costituisce però una duplice vittoria per il Paese di Mezzo: diplomatica e tecnologica. Dal lato diplomatico, la Cina può ora vantare di aver coordinato maggiore cooperazione internazionale nella regione, in un momento in cui gli Stati Uniti invece si ritirano dai patti multilaterali. Dal lato tecnologico, le aziende cinesi hanno visto il proprio accesso al mercato americano restringersi sempre più nell’ultimo anno, sia per l’acquisto di componenti che per la vendita di prodotti. Un accordo commerciale con Corea e Giappone permette alle aziende tecnologiche cinesi di avere nuovi mercati di approvvigionamento.