Polemiche di fine anno: la settimana scandinava. È un finale d’anno con polemiche, quello che stanno vivendo alcune nazioni scandinave. In Danimarca un rimpasto di governo ha scatenato malumori nel principale partito di maggioranza. In Islanda invece il primo ministro e il Fondo Monetario Internazionale esprimono giudizi molto diversi sulle scelte di politica economica, mentre in Svezia il governo ha subito una dura sconfitta parlamentare: brutto modo per chiudere un 2013 difficile.
Dopo il terremoto della settimana scorsa, con due ministri costretti a rassegnare le dimissioni, il governo della laburista Helle Thorning-Schmidt ha presentato quel rimpasto indispensabile per provare a rimettersi in carreggiata. Karen Hækkerup ha preso il posto di Morten Bødskov, ex ministro della Giustizia. Dan Jørgensen va all’Agricoltura e alla Pesca mentre Jonas Dahl al Tesoro, lasciando libero Holger K. Nielsen di trasferirsi agli Esteri, poltrona occupata fino a pochi giorni fa da Villy Søvndal.
“Avrei tenuto sia Søvndal sia Bødskov” ha commentato Thorning-Schmidt, “penso che siano stati ottimi ministri. Ma entrambi non potevano continuare a lavorare dopo le circostanze che si sono verificate”.
Rapido flashback: Søvndal ha dovuto mollare per motivi di salute. Bødskov è stato travolto da uno scandalo: ha contribuito a creare una scusa per rinviare la visita a Christiania di Pia Kjærsgaard, ex leader del Partito Popolare Danese. Una storia che ha fatto saltare già due teste e che intreccia politica, sicurezza e spionaggio.
Dall’inizio dell’avventura di governo nel 2011, otto ministri sono stati sostituiti per un motivo o per un altro. Thorning-Schmidt spera di non dover procedere ad altri cambi e non ha nascosto di puntare alle elezioni del 2015: l’attuale squadra di governo è quella che dovrebbe arrivare a fine legislatura.
Certo, le reazioni all’interno del partito laburista non sono state delle migliori e se la premier era alla ricerca di un po’ di serenità allora non sembra averla trovata. Molti deputati infatti si sono sentiti scavalcati: Thorning-Schmidt del resto prima di fare le sue scelte s’è guardata intorno e non ha avuto esitazioni ad andare a pescare anche lontano da Copenhagen. Dan Jørgensen è stato richiamato in patria dal parlamento europeo, infatti, e la mossa non è piaciuta ai parlamentari socialdemocratici.
Il quotidiano Berlingske Tidende ha pubblicato un articolo che porta a galla tutto il malcontento nel partito: “decisione demotivante”, “dichiarazione di guerra contro tutto il gruppo parlamentare”, “è frustrante”, “è come se la premier non ritenesse nessuno all’altezza”, insomma un campionario di commenti che spiegano bene che aria tira in casa socialdemocratici.
Anche in Islanda il clima è per certi versi scoppiettante. La differenza però è sostanziale: se a Copenhagen i mugugni sono tutti interni al principale partito di governo, a Reykjavík le polemiche rimbalzano da una sponda all’altra dell’oceano Atlantico. I protagonisti sono due: il Fondo Monetario Internazionale e il governo di centrodestra islandese. Il piano di aiuti alle famiglie indebitate presentato un paio di settimane fa dall’esecutivo non è mai piaciuto al Fmi, che nei giorni scorsi è tornato ad ammonire Reykjavík: la manovra potrebbe mettere a dura prova la salute delle casse statali, innescando una dinamica pericolosa che potrebbe portare a un’impennata del debito pubblico.
Il Fondo in sostanza ritiene che il governo islandese stia intraprendendo un percorso che l’isola non è ancora in grado di portare a termine: il rischio di inciampare per strada è alto, per un’economia in ripresa ma ancora fragile sotto molti punti di vista. Parole non nuove, considerato che il Fmi rivolge da tempo inviti alla cautela.
Fino a oggi però l’esecutivo ha tirato dritto per la sua strada e continuerà a farlo. Il premier Sigmundur Davíð Gunnlaugsson lo ha fatto capire con una risposta per le rime, dichiarando che le politiche del Fondo Monetario Internazionale saranno anche buone per il mondo degli affari ma non lo sono certo per le persone.
Infine la Svezia, dove la scorsa settimana il governo di centrodestra è andato sotto in Parlamento, vedendosi respingere una proposta di riforma del sistema fiscale. Brutto colpo, non a sorpresa ma comunque difficile da mandar giù.
A fare fronte comune contro l’esecutivo sono stati i partiti di centrosinistra e i Democratici Svedesi, la più a destra delle forze politiche rappresentate a Stoccolma. Risultato: 159 voti contrari contro 156 favorevoli, e governo battuto. Di certo il premier Reinfeldt avrebbe preferito un altro modo per chiudere il 2013.