Liberato Khodorkovski: operazione di marketing in vista dei giochi olimpici di Soci
Mickail Borisovic Khodorkovski, classe ‘63, è stato uno dei più intraprendenti, facoltosi e chiaccherati imprenditori russi del settore petrolifero degli ultimi anni: aveva acquistato circa il 70% del pacchetto azionario dell’importante azienda petrolifera Yukos – nata dalla fusione di altre due importanti aziende sovietiche – nel 1995, grazie alla “protezione” del primo presidente russo Boris Eltsin.
Nella speciale classifica degli uomini più ricchi del pianeta stilata da Forbes ogni anno, aveva raggiunto la sedicesima posizione e in più la Yukos, sotto la sua gestione, era diventata l’unica società in grado di contrastare il monopolio Gazprom, azienda petrolifera “di Stato”. Una volta arrivato Putin al vertice della federazione, iniziato il suo progetto di contrasto alla “simija” – “famiglia” – di oligarchi russi arricchitisi grazie ai privilegi concessi da Eltsin e troppo ingombranti per i suoi progetti autoritari, la parabola ascendente di Khodorkovski è terminata e in più sono cominciati i problemi con la giustizia: accusato di non aver pagato alcune cartelle esattoriali relative al triennio 2001-2003, è stato arrestato nell’Ottobre 2003 e condannato per frode fiscale nel 2005.
Quando stava per terminare la sua condanna a 8 anni di carcere, nel 2010, venne nuovamente processato e condannato a ulteriori 7 anni di reclusione con l’accusa di aver rubato petrolio alla sua stessa compagnia e di aver riciclato denaro sporco. In seguito la pena fu ridotta, quindi sarebbe stato scarcerato nell’Agosto 2014.
In Occidente il suo processo è sempre stato considerato come dettato da esigenze politiche: la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, però, ha negato che sia stato condannato per motivi diversi da quelli contenuti nella sentenza, per Amnesty International rimane un “prigioniero di coscienza”, status che qualifica “qualsiasi persona a cui sia impedito di esprimere qualunque opinione personale che non sostenga o giustifichi violenza personale”.
I reati per i quali Khodorkovski è stato condannato non erano inclusi nel provvedimento di amnistia di cui hanno beneficiato attivisti di Green Peace e Pussy Riot, tuttavia, nella conferenza stampa di fine anno tenuta da Putin ieri, è stata annunciata la grazia per “esigenze umanitarie” nei confronti dell’ex oligarca: 10 anni di colonia penale in Siberia sono stati una “pena pesante” ha detto, di fronte ai giornalisti, Putin e inoltre sarà permesso a Khodorkovski, grazie al provvedimento di scarcerazione, di “prendersi cura della madre gravemente ammalata”.
D’altra parte l’ex oligarca non fa paura a Putin: lo zar non teme un suo possibile ingresso in politica, infatti, è probabile che come altri ex imprenditori scarcerati nel corso del decennio vada all’estero per godersi la libertà “generosamente” concessa. Khodorkovski non è temuto neanche dalla sua nemesi Igor Sechin, autore dello smembramento di Yukos a vantaggio della Rosneft, azienda petrolifera di proprietà del governo, presieduta dallo stesso Sechin.
Secondo quanto riferisce il giornale russo Kommersant, infatti, sarebbero stati proprio i servizi segreti di Putin a spingere Khodorkovski a chiedere la grazia, atto che implica un riconoscimento della propria colpa e che mai si era dichiarato disposto a fare. Per buona parte della stampa straniera la grazia concessa all’ex padrone di Yukos è solo un’operazione di marketing da collegare alla nuova immagine che la Russia vuole dare di sé in vista dei giochi olimpici invernali di Soci, per la stampa russa la sua storia, invece, è quella di un ladro o un truffatore, non quella di un martire politico.