La Camera approva nella notte il ddl sull’abolizione delle province, a firma del ministro Delrio: a favore hanno votato 277 deputati della maggioranza (Pd, Ncd e Scelta civica), 11 i contrari (Sel) e 7 gli astenuti. Le due vere opposizioni, Forza Italia e Movimento 5 Stelle, più i leghisti, non hanno preso parte alla votazione, caratterizzata da numerose e pesanti polemiche. I deputati cinque stelle, infatti, si sono scagliati contro i deputati di Sel accusandoli di essere “scendiletto” e “stampella della maggioranza” perché hanno garantito il numero legale.
In sottofondo, si sentiva qualcuno che urlava: “Queste sono cazzate!”. Il presidente di turno, Simone Baldelli (FI), ha tentato a più riprese di ripristinare l’ordine: “Se riusciamo a ridurre queste urla belluine – ha ammonito – da una parte e dall’altra, siamo tutti più sereni”. Ecco i punti principali del disegno di legge su “città metropolitane, province, unioni e fusioni di comuni”: trasformazione dei consigli provinciali in assemblee dei sindaci, che lavoreranno a titolo gratuito; istituzione di 9 città metropolitane e disciplina della fusione dei comuni.
Punti che non vanno proprio giù né a Forza Italia né alla Lega, che li ritengono farraginosi e inutili. Per non parlare del M5S, i cui parlamentari, a votazione conclusa, hanno sbottato: “Un’altra delle leggi truffa scritte dal Pd che finge di abolire le provincie – sottolinea su Facebook la deputata Giulia Grillo – e di fatto cambia solo il nome se possibile peggiorando il groviglio amministrativo contabile e di responsabilità gestionale che già con le province era a livelli di allerta”.
Non poteva mancare nemmeno la protesta dei diretti interessati, vale a dire l’Unione delle province italiane (Upi), che, per bocca del presidente Antonio Saitta, promettono battaglia: “”Il Governo e il Parlamento – attacca – diranno che hanno abolito le province, ma la verità è che non solo sono state mantenute, ma è stato fatto un gran pasticcio che ci preoccupa. Perché con questo pasticcio sono a rischio servizi essenziali per i cittadini”.
Nel mirino finiscono in particolare le norme – contenute nella legge di stabilità – che impediscono le elezioni delle 52 Province i cui mandati scadono a primavera e delle 20 commissariate nel 2012. Viene leso “un diritto inalienabile di cittadinanza, l’Upi presenterà ricorso e il primo, da privato cittadino, sarà il mio”, ha detto Saitta. E ancora: “Vietando ai cittadini di votare chi li amministrerà la legge di stabilità lede il diritto di voto libero, segreto, e non limitabile, sancito dall’articolo 48 della Costituzione“.
Alle suddette critiche si sono aggiunte anche quelle di Susanna Camusso. Intervistata da Corriere della Sera, il leader Cgil attacca duramente il governo sulla Legge di Stabilità, definita “una legge di continuità, che non determina un cambiamento di fase perchè è la sommatoria di tante piccole cose, molte non particolarmente eleganti, senza visione, senza strategia”. Sul fondo per il taglio del cuneo fiscale, la Camusso, sottolinea: “Non vedo niente di certo in questo fondo che doveva essere l’avvio di un percorso automatico di finanziamento. Il sindacato, insieme alle imprese, lo aveva individuato come il minimo indispensabile per poter parlare di inversione di rotta. Ma i condizionamenti sono stati tali che qualsiasi spinta innovativa è subordinata ad altre necessità”.
Condizionamenti che hanno sbilanciato “a destra” la politica economica dell’esecutivo. A cominciare “dall’Imu. Se non si fosse scelto di restituirla e se invece ci si fosse occupati della grandissima ingiustizia per cui un lavoratore dipendente ha un’aliquota di tassazione superiore a quella delle rendite finanziarie, allora si sarebbero compiute scelte che andavano nella giusta direzione di dare valore al lavoro. E non mi vengano a dire che non ci sono i soldi: si è scelto di agire solo su una parte del reddito del Paese”.