Roma: bocche cucite al Cie, continua la protesta
Roma: bocche cucite al Cie, continua la protesta
Continua la protesta al Cie di Ponte Galeria, il Centro di identificazione ed espulsione a Roma. Sono ormai una quindicina i migranti che si sono cuciti la bocca per protestare contro le condizioni di vita nella struttura. A denunciarlo su Facebook alcuni attivisti della campagna LasciateCIEntrare.
La protesta è cominciata sabato scorso: quattro maghrebini ospiti della struttura si sono cuciti la bocca. Hanno usato la parte metallica di un accendino per costruirsi un ago di fortuna. Il filo lo hanno ricavato da una coperta. Da sabato non assumono cibo e bevono appena con l’ausilio di una cannuccia. Gli africani sono costantemente monitorati dai medici. Chiedono tutela della dignità umana e tempi di permanenza più rapidi.
“Parlato poco fa con reclusi a Cie Ponte Galeria: 14 con bocche cucite, 60 in sciopero fame” ha twittato intorno alle 13 Khalid Chaouki, il deputato del Partito Democratico che si è chiuso dentro il Cie di Lampedusa, che ha poi aggiunto: “Telefonata da Ponte Galeria: 2 ragazze tunisine recluse da 20 giorni in sciopero della fame”.
“Qui è come stare in carcere” ha spiegato Mohamed, 44 anni, marocchino, tra i promotori della protesta a Roma. È al Cie di Ponte Galeria da tre mesi: “Ci trattano come animali, c’è chi è qui dentro senza aver commesso alcun reato. La struttura è fatiscente, danneggiata, male organizzata. Per dormire ci danno dei lenzuoli di carta, così come gli asciugamani che ci cambiano solo dopo tre giorni. Le docce sono vecchie e non funzionano. È inaccettabile, siamo esasperati”.
“Si tratta di luoghi che semplicemente non dovrebbero esistere in un paese civile” ha detto Gianni Cuperlo, presidente del Pd, che ieri si è recato in visita alla struttura: “i Cie sono strutturalmente inadeguati e lesivi della dignità di donne e uomini trattenuti in via amministrativa ma reclusi di fatto”.
“Quella di Ponte Galeria è una situazione difficile”, è il commento di Angiolo Marroni, garante dei detenuti del Lazio “ma di momenti complessi ne abbiamo vissuti molti, soprattutto quando la struttura, che da mesi ospita una media di 100 persone, si è trovata a gestire anche 300 immigrati. Ciò che voglio sottolineare è che non siamo di fronte ad una riproposizione di quanto accaduto a Lampedusa. La correttezza ed il rispetto dei diritti di chi gestisce il Cie non sono in discussione”.
Il Cie di Ponte Galeria è diviso in due bracci: quello femminile e quello maschile. Del centinaio di persone che vi sono ospitate, la maggior parte sono uomini. La struttura si trova nella periferia ovest di Roma, tra la Magliana e Fiumicino. Praticamente nulla intorno.
Il centro non è nuovo a episodi eclatanti di protesta. Lo scorso febbraio, una rivolta: materassi, coperte e vestiti dati alle fiamme, migranti sul tetto. A innescare la sommossa la reazione di un nigeriano che, colpito da un provvedimento di espulsione, aveva fatto resistenza alle forze dell’ordine. Altri connazionali a quel punto erano intervenuti. Nel marzo del 2012, invece, 120 maghrebini avevano condotto uno sciopero della fame. Nel settembre del 2011 un’evasione di massa.
Per alcuni dei migranti la permanenza in Italia sarebbe terminata proprio nelle ultime ore. A dirlo è ancora Angiolo Marroni, secondo il quale quattro uomini sarebbero stati prelevati dal Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria per essere espulsi dal paese. Due delle quattro persone (un marocchino e un tunisino) farebbero parte del gruppo che da sabato protesta contro le condizioni di vita nel centro.