Nonostante gli inviti rivolti dalla nuova coalizione che guiderà il Paese, i partiti delle minoranze etniche si sono rifiutati di entrare a far parte del nuovo Governo montenegrino. Sarebbe la prima volta dal 1998.
Il motivo? Le crescenti preoccupazioni riguardo la deriva nazionalista del Paese.
Cosa sta succedendo
La politica interna montenegrina ha assistito negli ultimi mesi a diversi stravolgimenti di fronte. Come vi avevamo già raccontato all’inizio di ottobre, la nuova coalizione di Governo ha posto fine alla leadership del DPS all’interno del Parlamento che persisteva ininterrotta dal 1991. Questa, però, non sembra essere l’unica grande novità. Il nuovo esecutivo montenegrino potrebbe essere dunque la prima amministrazione in 22 anni a non includere attivamente rappresentanti delle minoranze etniche del Paese. Difatti, tutti gli inviti alla cooperazione presentati dal nuovo Governo sono stati respinti.
I fatti recenti
Negli scorsi giorni il leader dell’alleanza etnica albanese “The Time is Now” Nik Gjeloshaj ha più volte ribadito che non farà parte della nuova amministrazione. La ragione della decisione del suo partito è da ricondursi all’appello inclusivo rivolto dal governo alle minoranze, giudicato non affatto sincero. Alla base di queste presupposizioni vi è il sospetto che l’invito riservato dal Governo verso questi rappresentanti sia una mera formalità. “Il principio nelle democrazie sviluppate è che le minoranze facciano attivamente parte del governo”, ha tuonato Gjeloshaj. Nella realtà dei fatti non ci sarebbe dunque un’effettiva apertura alle minoranze.
Ad inizio novembre il Primo Ministro designato Zdravko Krivokapic ha presentato il suo gabinetto di 12 Ministri, sottolineando come il Governo prescelto sia composto da professionisti che agiranno in maniera sinergica. Tra i partiti delle minoranze etniche presenti in Parlamento, figurano le coalizioni albanesi “The Time is Now” e “Unanimously” (che posseggono un seggio ciascuna) oltre al “Bosniak Party” (che ne possiede tre).
ll 18 ottobre scorso anche il leader della formazione politica etnico-bosniaca, Rafet Husovic, aveva affermato che il suo partito si trovava in disaccordo con alcune fazioni filoserbe della nuova coalizione. Quest’ultime, in passato, si erano cimentate in dichiarazioni nazionaliste che avevano preoccupato non poco le minoranze di etnia albanese, bosniaca e croata.
Un cambio di fronte
Storicamente i partiti delle minoranze etniche erano stati alleati tradizionali del Partito Democratico dei Socialisti, facendo parte di ogni Governo istituito negli ultimi due decenni. I primi ad essere inclusi furono i rappresentanti delle minoranze albanesi nel 1998, seguiti da quelli bosniaci nel 2009 e da quelli croati nel 2012. La situazione attuale rischia di veder escluse le minoranze dal processo decisionale del Paese. Il presidente della ONG “Civil Alliance”, Boris Raonic, ha rivolto un attacco verso il nuovo Premier: “Il Primo Ministro designato non ha fatto abbastanza per permettere ai partiti delle minoranze etniche di entrare a far parte del governo”.
Il Montenegro si trova dunque ad affrontare un nuovo problema di natura interna, che avrebbe la capacità di dividere un pPese già parzialmente disgiunto. Se ciò accadesse si potrebbe assistere ad un crescente exploit delle correnti nazionaliste, che aumenterebbero le probabilità di rappresaglie e conflitti tra ampi strati della popolazione.