Almeno 40 civili sono stati uccisi in un attacco contro il villaggio di Kamango, nell’est della Repubblica democratica del Congo, per la precisione nella provincia del Nord Kivu. Testimoni locali sostengono che gli assalitori sono ribelli ugandesi. La notizia, oltre alle quaranta persone rimaste uccise, è drammatica perché è una sorta di conferma. Infatti avviene a circa un mese dalla firma a Kampala di un accordo che di fatto fu definito il certificato di decesso dell’M23, il movimento ribelle congolese che, non è un segreto per nessuno, era sostenuto e diretto dal vicino Ruanda. Almeno 1700 miliziani si erano rifugiati in Uganda, gli altri, qualche centinaio, in Ruanda.
Ora questa strage getta acqua sugli entusiasmi di chi aveva pensato che quegli accordi segnassero davvero l’inizio di un’era di pace. A compiere questa strage sarebbe stato un gruppo attivo da qualche tempo l’adf-nalu che punta a conquistarsi un posto nelle trattative future, che si propone per difendere interessi dei paesi vicini e che, pare, riceva già finanziamenti, armi e guerriglieri dalle forze dell’integralismo islamico armato e da qualche paese arabo. Gli interessi economici e commerciali, come si sa, realizzano spesso alleanze innaturali. Si ha tutta l’impressione che è ciò che sta accadendo. Potenze arabe e lobby economiche e commerciali di questi paesi stanno conducendo una forte offensiva per penetrare l’Africa (si veda la Somalia, e addirittura il Centrafrica). Sono forti, dispongono di denaro e sono estremamente determinati.
Uganda e Ruanda, dall’altra parte, non possono accettare intese che le escludano dallo sfruttamento delle risorse minerarie della regione dei Grandi Laghi che riposano soprattutto nel sottosuolo del Kivu e dell’Ituri. Insomma il fatto è che la Pace, al momento, non interessa a nessuno. Quanti avevano pensato – o sperato – che l’intesa di Kampala tra M23 e Repubblica Democratica del Congo fosse davvero l’inizio della Pace si deve ricredere.