Letta tace su Renzi e ipotesi di rimpasto “Non voglio finire in dispute tra primedonne
Tutto si può dire, meno che le acque della politica italiana si siano chetate, da quando Matteo Renzi è diventato segretario del Pd: i movimenti e l’irrequietezza valgono soprattutto in casa democratica e il primo a subirne gli effetti è l’attuale inquilino di Palazzo Chigi, Enrico Letta.
E’ prevedibile che l’atteggiamento del neosegretario e il suo continuo voler marcare le distanze da Letta e da Alfano (solo incidentalmente quarantenni come lui) non sia piaciuto particolarmente al presidente del consiglio. In altri momenti avrebbe potuto rispondere, ora invece pensa che non sia opportuno. A dirlo sarebbe lui stesso, come mostra una frase scambiata con i suoi compagni di partito: “L’ultima cosa che voglio è esser trascinato in dispute quotidiane tra primedonne“.
Per questo Letta, invece che commentare le parole di Renzi, su Twitter commenta la “notizia” del calo delle tasse. Che per lui non è una notizia, mentre lo è il fatto che lo abbia riconosciuto il centro studi Cgia di Mestre: “Le tasse sulle famiglie nel 2013 sono scese e la tendenza continuerà anche nel 2014. Notizia di oggi importante perché si consolidi il trend fiducia”. Al suo cinguettio si è accodata buona parte del partito, segno che altre preoccupazioni – rimpasto in primis – possono anche attendere, almeno in casa Pd.
Di rimpasto non parla volentieri nemmeno Angelino Alfano (che, come Letta, preferisce concentrarsi sul calo delle tasse, anche per il “merito” che può prendersi a proposito dell’Imu): meglio continuare a parlare di tasse e di spese da tagliare anche per l’anno prossimo, come fa lo anche Gaetano Quagliariello sempre per il Nuovo centrodestra (“Giù tasse 2013 e giù nel 2014. La Cgia smentisce i profeti di sventura. Ora avanti con tagli alla spesa e via altre tasse!”).
Certamente però il problema del rimpasto rimane sul tavolo. E non tanto da parte del Pd renziano, che continua a sottolineare con la neoresponsabile giustizia Alessia Morani che “a noi interessa che il governo faccia le riforme”. C’è il problema (pesante) di Scelta civica, che dopo la fuoriuscita di Mario Mauro non è rappresentata con alcun ministro, mentre il Nuovo centrodestra ha un numero di ministri del tutto sproporzionato rispetto alla compagine parlamentare di cui dispone. Ma, proprio perché quei parlamentari servono a Letta per restare a galla (soprattutto al Senato), è difficile che uno dei cinque ministri di Ncd salti.
Questi stessi motivi di tensione, invece, fanno sperare Forza Italia in una crisi imminente o, per lo meno, pronta a scattare ai primi malumori seri di Pd o di Scelta civica. Con la beffa di avere voluto la cancellazione dell’Imu, di cui ora si prendono il merito gli scissionisti di Alfano. L’indagine sulle ragioni dell’instabilità dell’esecutivo è affidata a Renato Brunetta: “Per il 2014, fatti quattro calcoli, con la legge di Stabilità costruita interamente dal governo Letta-Alfano, con Forza Italia all’opposizione, la pressione fiscale aumenterà almeno di mezzo punto. A meno che non si cambi decisamente politica economica e con la politica economica si cambi anche il governo”.
Il nuovo capogruppo forzista al Senato Paolo Romani è certo che le dichiarazioni di Renzi suonino come “un preavviso di sfratto”, che unito alla “debolezza della compagine governativa dall’altro, soprattutto dei ministri economici” farebbe camminare Letta sulla fune dell’equilibrista. Mentre qualcuno la scuote.