Recensione: Confessioni di un candidato di servizio
Era il 23 febbraio 2010, quando, Livio Ricciardelli – autore del libro e coordinatore della redazione del Termometro Politico – scopre di essere stato inserito nell’elenco degli aspirati consiglieri regionali del Lazio. Era un martedì.
Così inizia l’avventura del candidato Ricciardelli. Un giovane, giovanissimo, il cui nome viene preso in prestito per andare a riempire la lista che il Partito Democratico presenterà alle elezioni che si celebreranno da lì ad un mese. Una candidatura di servizio, come lo stesso autore del libro la definisce. Una candidatura che già nella definizione – di servizio per l’appunto – lascia presagire l’esito elettorale e le aspettative che il candidato in questione possa concedersi di auspicare.
[ad]Ma Ricciardelli, al telefono con il partito, risponde: “Va bene. Va benissimo. Sono subito da voi”. Poche ore dopo è già operativo, consapevole di avere un mese e quattro giorni prima che si aprano le urne e praticamente nessuna possibilità di essere eletto.
Questo di Ricciardelli è un diario della campagna elettorale, un pamphlet che racconta il vorticoso walzer di appuntamenti elettorali, di volantinaggi per le strade della capitale e di cene con parenti e amici.
Lo stile dell’autore è semplice e diretto, le pagine scorrono veloci una dopo l’altra scandite dal succedersi dei giorni. Ricciardelli, nel suo diario, riesce in maniera mirabile a fondere la cronaca degli avvenimenti alle sue impressioni personali: annota aneddoti e citazioni, cita luoghi e protagonisti della politica romana facendosi accompagnare, in questo viaggio, da un gruppo di fedelissimi “collaboratori”.
L’autore raccoglie così una sfida difficilissima, è costretto a confrontarsi, pur avendo pochi euro in tasca (duecento per la precisione) e una macchina elettorale tutta da inventare, con i “mostri sacri” della politica romana. Ma il candidato Ricciardelli sceglie di non gettare la spugna in partenza: elabora un programma elettorale ricco ed articolato, si dota del famigerato “materiale di comunicazione” e si getta a capofitto nella competizione con grande generosità.
E’ consapevole che non ha possibilità di essere eletto, che difficilmente potrà trovare 10.000 persone che scrivano correttamente il suo cognome da dodici lettere sulla scheda, ma è un militante di partito e decide di non risparmiarsi.
Il libro nasce dagli appunti che ogni sera il candidato-scrittore annota sul suo computer, un flusso di pensieri che ricorda il “Gonzo journalism” di Hunter Stockton Thompson. Ironia e racconti si alternano, si fondono, facendo emergere una cronaca originalissima di quelle giornate che precedono quel 28 marzo 2010.
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