Renzi, in che senso “modello dei sindaci?”
Le intenzioni di Renzi sono chiare: se questo governo deve restare in vita, almeno fino al termine del semestre europeo, deve essere il suo partito di maggioranza assoluta a dettare la linea. Altrimenti motivi per tenere in vita l’esecutivo Letta non sembrano essercene (del resto se lo spread è sotto i 200 punti base è merito dell’Eurotower e del suo illuminato Governatore), considerando tra l’altro l’effetto logoramento che subirebbe il neosegretario democratico in questa sciagurata ipotesi.
Da qui l’accelerazione renziana tesa a far apparire il Pd come il partito che detta l’agenda al paese, ruolo che raramente ha voluto rivestire il centrosinistra se escludiamo la sfortunata campagna elettorale per le politiche del 2008. Senza dunque aspettare ingegnose alchimie politiche tese a far partorire al Pd un suo modello autonomo di formula elettorale (ci provò Bersani, ne uscì fuori un modello che qualche buontempone definì “all’ungherese”, ignorando il fatto che effettivamente si trattava di una proposta molto simile al sistema elettorale magiaro) Renzi ha già proposto ai leader dei partiti dei sistemi preesistenti: il modello spagnolo, il Mattarellum (corretto in modo da abolire la quota proporzionale a scapito di un diritto di tribuna del 10% e di un premio di maggioranza del 15%), e il cosiddetto “modello dei sindaci”.
Nonostante tutto su quest’ultimo punto la confusione sotto il cielo della politica è ancora tanta, e forse un segnale di chiarezza contribuirebbe, oltre a rendere più chiara la situazione, a rendere meno tortuoso il cammino della riforme.
Nell’attuale situazione si sta dando un rilievo immenso alla materia elettorale, considerando la sentenza della Corte Costituzionale di dicembre che ha menomato gran parte del Porcellum. In questo modo le comprensibili esigenze politiche, accompagnate dall’indignazione dell’opinione pubblica, stanno portando ad una situazione in cui prima ci si occuperà in via ordinaria della modifica della legge elettorale e solo dopo attraverso un iter costituzionale si risistemerà la forma dl governo (l’abolizione del Senato sta diventando un vero e proprio cavallo di battaglia per il Pd).
Alla luce di questa situazione dunque posso dire che non è chiara la proposta renziana in merito al “modello dei sindaci”.
Si tratterebbe di una proposta di legge ordinaria (tradotto dal costituzionale al politichese: sarebbe un modo per eleggere i singoli parlamentari in collegi uninominali come il modello francese)? Oppure è una modifica dell’assetto di governo che comporta, di conseguenza, anche l’elezione dei parlamentari? E, in quest’ultimo caso, considerato il fatto che non si pronuncia mai la parola “semipresidenzialismo” non appare una mossa politica ardita proporre l’elezione diretta del primo ministro? E soprattutto: perché quella che potenzialmente potrebbe essere delle tre la proposta migliore appare, posta in questo modo, quella tatticamente più sconsigliabile dal punto di vista politico considerando le lungaggini parlamentari che porterà con se?
Questo spazio, sarà sempre a disposizione.