Legge elettorale, lo strano modello spagnolo di Matteo Renzi
Legge elettorale, lo strano modello spagnolo di Matteo Renzi
Matteo Renzi ha presentato le sue proposte per la riforma della legge elettorale. Sono, per il momento, piuttosto generiche (nelle leggi elettorali il diavolo sta quasi sempre nei dettagli), ma qualche considerazione è già possibile farla. Anzitutto è evidente che si tratta di tre sistemi che mirano alla governabilità, con fortissime distorsioni in chiave maggioritaria. In effetti tutti e tre sembrano sistemi in grado di produrre maggioranze parlamentari forti anche con vittorie elettorali risicate. In questo articolo cercheremo di approfondire una di queste, la prima, che segue il modello spagnolo:
- Riforma sul modello della legge elettorale spagnola. Divisione del territorio in 118 piccole circoscrizioni con attribuzione alla lista vincente di un premio di maggioranza del 15% (92 seggi). Ciascuna circoscrizione elegge un minimo di quattro e un massimo di cinque deputati. Soglia di sbarramento al 5%
Si tratta di una versione «dopata» in senso maggioritario della legge elettorale spagnola. È noto che questo sistema favorisce i grandi partiti: il PP di Rajoy, per esempio, ha il 53% dei seggi in Parlamento, nonostante abbia preso soltanto il 45% dei voti nelle elezioni del 2011. Ma nella sua versione originale questo sistema non sarebbe in grado di «compiere il miracolo» di dare una maggioranza assoluta ad un partito con meno del 40% dei voti, com’è prevedibile che succeda in un sistema ormai tripolare come quello italiano.
Al di là del cospicuo premio di maggioranza del 15%, la cui costituzionalità rimane assai dubbia, specie dopo la sentenza dalla Corte Costituzionale di dicembre, ci sono nella proposta due elementi che rendono questo sistema ben diverso da quello spagnolo al quale si basa.
La prima è il numero di circoscrizioni, fissato in modo addirittura preciso: 118. La proposta non specifica come sarebbero delimitate queste circoscrizioni. Potrebbero essere create ex novo, oppure, come succede in Spagna -e come sembrerebbe indicare il numero proposto, vicino alle 110 province italiane- create su base provinciale, magari dividendo quelle più popolose. In questo caso però le differenze di popolazione tra di esse diventerebbe un serio problema. Roma conta più di 4 milioni di abitanti, mentre Isernia ne ha 87.000 e Ogliastra appena 57.000. Questo non costituisce un problema insormontabile per il sistema spagnolo: in effetti, Madrid (6,5 milioni di abitanti) e Barcellona (5,5 milioni) convivono con province ben più piccole come Ceuta (82.000) e Melilla (78.000). Nel sistema spagnolo però queste grosse differenze di popolazione vengono in gran parte compensate: Madrid elegge 36 deputati e Barcellona 31, mentre Ceuta e Melilla ne eleggono soltanto 1 a testa.
La proposta di Renzi però fissa il numero di seggi in modo molto rigido: «un minimo di 4 e un massimo di 5». Questo significherebbe che per eleggere un deputato in una circoscrizione medio-grande (prendiamo per esempio, Catania, Bologna o Salerno, tutte e tre con circa 1 milione di abitanti), servirebbero ben più di 100.000 voti, mentre a Ogliastra potrebbero bastare poco più di 10.000 voti. Si tratta di scompensi territoriali enormi e con ogni probabilità incostituzionali.
La seconda possibilità, probabilmente l’unica percorribile, sarebbe quella di creare le circoscrizioni ex novo, con una popolazione omogenea. Sta di fatto che assegnare un numero così basso di seggi in ogni circoscrizione avrebbe come risultato una distorsione maggioritaria ben più forte rispetto al modello spagnolo originale, dove comunque le circoscrizioni grandi, con molti seggi in palio, introducono una certa proporzionalità nel risultato generale.
Non è comunque chiaro se nella proposta di Renzi la soglia di sbarramento del 5% sia da intendersi a livello circoscrizionale o nazionale. In Spagna è fissata al 3%, ma in ogni singola circoscrizione, non su scala nazionale. In questo caso sarebbe in realtà superfluo fissare una soglia di sbarramento, in quanto la soglia effettiva in una circoscrizione di soli 4-5 deputati si attesterebbe comunque sopra il 15%. In questo caso partiti con un buon radicamento regionale come la Lega o l’SVP avrebbero comunque buone possibilità di ottenere rappresentanza in Parlamento. Se invece la soglia di sbarramento del 5% proposta da Renzi è da intendersi a livello nazionale, è molto probabile che con i sondaggi attuali, e grazie alle distorsioni maggioritarie del sistema, avremmo un Parlamento di soli 3 partiti. Se questa dovesse essere la proposta adottata, vedremmo quasi sicuramente un rapido processo di concentrazione dei partiti, soprattutto a destra, dopo la fase di frammentazione dell’ultimo periodo. Il ritorno a casa di Alfano, e forse anche di Giorgia Meloni, sarebbe allora inevitabile.
Ton Vilalta