Comincia il 2014: la settimana scandinava
Un anno intenso, pieno di incognite, aspettative e appuntamenti: il 2014 in Scandinavia si annuncia interessantissimo a partire dalla Svezia, dove a settembre sono in programma le elezioni politiche. I dodici mesi a venire saranno importanti anche per la Danimarca, che punta il 2014 come l’anno della svolta in campo economico. In Finlandia, invece, ci sarà da tirare la cinghia ancora per un po’.
Per capire con che atmosfera la Svezia entra nell’anno nuovo basta leggere il soprannome che è stato dato al 2014: super-anno elettorale. La situazione di partenza è nota: economia e disoccupazione. Praticamente un giovane svedese su quattro non lavora. Il primo ministro conservatore Fredrik Reinfeldt non è riuscito a risolvere la cosa e la gente gli imputa soprattutto questo fallimento.
I socialdemocratici sono tradizionalmente visti come i migliori interpreti delle questioni del lavoro: un vantaggio non da poco, per il laburista Löfven, che può contare su sondaggi incoraggianti.
Un paio di attori potrebbero invece arrivare a settembre col fiato corto: Annie Lööf e Jan Björklund, rispettivamente leader del Partito di Centro e leader del Partito Liberale, entrambi pezzi dell’attuale governo conservatore. I due leader sono sotto scacco ormai da mesi. Pagano un deficit di consenso. Un cambio alla testa dei due partiti potrebbe aprire scenari di alleanze fino a oggi impensabili.
Il Partito Liberale ad esempio potrebbe trovare al proprio interno ragioni per avvicinarsi ai socialisti, che da parte loro – oltre a una quasi scontata collaborazione con il Partito della Sinistra – potrebbero dover cercare l’appoggio dei Verdi, se vorranno avere la maggioranza in Parlamento.
Oltre all’economia e all’occupazione, altro tema centrale sarà la scuola. I laburisti su questo tasto ci battono da tempo. Anche i Verdi sono molto attivi sul tema. Nel recinto dell’attuale maggioranza di centrodestra, i Moderati del premier Reinfeldt provano a non perdere terreno, dichiarando che per loro la scuola ha la stessa importanza dell’economia e del lavoro.
Non bastasse tutto questo, il super-anno elettorale svedese propone anche le elezioni europee a maggio. Nessuno dei partiti in campo vuole affrontare il secondo e più importante appuntamento di settembre avendo perso il primo: passare un’estate a inseguire non è una bella prospettiva. Probabile dunque un impegno notevole da parte di tutti. Gli stessi socialdemocratici potrebbero mettere in campo più energie di quanto più volte annunciato.
In Danimarca invece è l’economia a legare il 2013 appena terminato al 2014 appena incominciato: Pil, crescita, aziende, occupazione erano e restano le parole più gettonate nel panorama politico.
Nel suo discorso di fine anno, la premier laburista Helle Thorning-Schmidt ha detto che il quadro generale comincia a migliorare. La pensano allo stesso modo gli imprenditori danesi, convinti che il 2014 sarà un anno migliore per l’economia. Anche il settore bancario dà segnali di miglioramento. I consumatori restano cauti, vero, ma le aziende hanno più fiducia nel futuro.
A livello occupazionale, però, i risultati rimangono modesti: la ripresa dell’economia trainerà anche il riassorbimento di chi ha perso il lavoro negli ultimi anni, ma secondo gli analisti è sbagliato attendersi risultati eccellenti nel giro di poco tempo.
In Finlandia invece il timore è che il contesto rimanga negativo anche per i prossimi dodici mesi. A essere preoccupati sono ad esempio i sindacati: nel 2014 potrebbero esserci ancora molti licenziamenti, soprattutto nel campo del terziario. Nel recente passato dell’economia finlandese quello più in affanno è stato il comparto industriale. Ora a pagare dazio potrebbe essere quello dei servizi. Una dinamica, sottolineano i sindacati, che ha cominciato a manifestarsi già sul finire del 2013.
Il contesto non è molto diverso da quello conosciuto nei mesi scorsi, insomma: cambia qualcosa, ma restano le incertezze. Va da sé che anche la situazione politica rimanga complicata. Il governo multicolore guidato dal primo ministro Katainen fatica a fare breccia nel cuore della gente. Secondo una delle ultime ricerche del 2013, il più votato sarebbe il Partito di Centro (23,9 per cento) che, è bene ricordarlo, è un partito di opposizione. Il Partito di Coalizione Nazionale di Katainen è al 19,1, incalzato dai Veri Finlandesi (17,1) altra forza d’opposizione.
Il sondaggio è stato condotto a dicembre, mentre il governo portava in Parlamento il suo pacchetto di misure contro il debito. Probabile che la gente abbia espresso un parere pensando anche alla manovra: un segnale piuttosto chiaro mandato al premier.
I laburisti, secondo partito di governo, sono quelli più in difficoltà: 15,9 per cento dei consensi virtuali. Il partito socialdemocratico può contare su uno zoccolo di elettori anziani che non cambiano facilmente idea, ma sta perdendo lo stesso posizioni.
A confermarlo c’è anche un altro sondaggio, che dice come Timo Soini, leader del partito populista dei Veri Finlandesi, sia visto come un primo ministro potenzialmente migliore di Jutta Urpilainen, leader laburista e ministro delle Finanze: 12 per cento contro 9. Lo scorso maggio le posizioni erano invertite. Anche in questo caso, a pesare è la valutazione che gli elettori danno sull’operato del governo. In due parole, le opposizioni avanzano. Il 2014 della Finlandia riparte da qui.