Chi vuole tornare al voto?
[ad]Il terzo e ultimo tema riguarda naturalmente le speranze di vittoria e governabilità del Paese in caso di elezioni anticipate: come riporta Termometro Politico nella sua analisi settimanale della media dei principali sondaggi, ad oggi lo scenario elettorale vedrebbe un centrosinistra avanti di oltre il 7% rispetto al centrodestra, con un Terzo Polo ed un MoVimento 5 Stelle piuttosto tonici sia alla Camera che al Senato. Se si andasse al voto l’Italia sarebbe di fatto ingovernabile in quanto al Senato non si riuscirebbe a creare una vera maggioranza, ma l’aspetto principale per valutare la propensione dei partiti alle urne riguarda naturalmente le prestazioni ottenute dalla lista e conseguentemente il numero di parlamentari conquistati. Rispetto al 2008 appare evidente l’arretramento della coalizione PdL-Lega, tanto in termini di consenso quanto – soprattutto – di seggi conquistati grazie ai premi di maggioranza: ragionando in questi termini, quindi, sarebbero soprattutto le forze di centrosinistra e del Terzo Polo ad avere desiderio di un rapido ritorno alle urne.
la situazione appare quindi tremendamente complessa: ogni partito potrebbe ricavare vantaggi sia dall’opzione di un voto primaverile sia da un sostegno di più lunga durata al Governo Monti, ed è quindi chiaro che l’azione dell’esecutivo non potrà che avere effetti rilevanti sul sostegno che le formazioni politiche gli garantiranno nei prossimi mesi.
Secondo i sondaggi più recenti, sono soprattutto gli elettori del centrosinistra e del Terzo Polo ad apprezzare l’operato di Monti; tale dato è tuttavia inquinato dal paragone, fin troppo vivo, con l’odiato Governo Berlusconi: solo nei prossimi mesi il dato tenderà a fornire risultati più veritieri, basati più sulle azioni del governo che sul mero sollievo di non avere più il Cavaliere al potere. La manovra economica di dicembre ha grandemente deluso le aspettative del popolo di centrosinistra, in particolar modo per quanto riguarda il capitolo pensioni e l’impatto dell’IMU sulla prima casa; le varie tasse sul lusso, gli sgravi alle imprese e le misure anti-evasione, pur di indubbio valore, non sono stati percepiti come un’adeguata contropartita, e hanno indotto l’idea di una manovra orientata a destra. Tale visione potrebbe essere corretta nell’immediato futuro se alcune promesse del governo, in particolar modo un concorso nel mondo della scuola (a tredici anni dall’ultimo) e le tanto agognate liberalizzazioni, si concretizzassero in provvedimenti reali.
Il discorso è differente per gli elettori del PdL: il consenso verso il Governo è molto basso, e questo potrebbe provocare emorragie di voti in un partito già comunque provato dalla caduta del Governo Berlusconi IV e dall’incrinarsi dell’alleanza con la Lega Nord. Specularmente a quanto avviene da sinistra, anche a destra la manovra economica è stata percepita come una grossa delusione, naturalmente dando molto maggior peso alle forme di patrimoniale e all’IMU che al capitolo pensioni: chiaramente ogni segmento sociale tende a pesare in maniera maggiore i provvedimenti che ne toccano direttamente gli interessi. Il futuro, tuttavia, pare essere meno generoso con il PdL rispetto al PD: le prossime manovre previste dal Governo Monti in tema di liberalizzazioni infatti andrebbero a scalfire nettamente molti privilegi di ceti sociali storicamente amici del centrodestra, aumentando i mal di pancia del partito berlusconiano. Le recenti uscite di Berlusconi stesso possono senza alcun dubbio essere interpretate anche nell’ottica di offrire, con una specie di gioco di prestigio, un’immagine di un PdL di lotta e di governo, in cui il segretario Alfano sostiene Monti ed il padre-padrone Berlusconi, formalmente senza incarichi, gioca a fare l’opposizione.
La Lega Nord e, successivamente, l’Italia dei Valori, hanno invece scelto di porsi all’opposizione del Governo, la prima in maniera dura, la seconda offrendo disponibilità a valutare i singoli provvedimenti prima di concedere o meno il proprio voto. In entrambi i casi si tratta di una scelta dettata dalle esigenze di un elettorato profondamente avverso al “governo delle banche”, come definiscono l’esecutivo di Monti. In realtà i due partiti risultano numericamente ininfluenti per la tenuta del Governo, quindi hanno facile gioco ad attaccare le misure più o meno depressive e recessive intraprese dall’esecutivo senza doversi impegnare, essendo garantito il passaggio delle leggi, a costruire reali alternative.
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