Europa, Stati Uniti e quel disperato bisogno di riforme strutturali
Europa, Stati Uniti e quel disperato bisogno di riforme strutturali
Continuano ad arrivare segnali di incertezza da entrambe le sponde dell’Atlantico, con l’Europa che continua a far fronte allo spettro della deflazione e gli Stati Uniti che vedono il proprio mercato del lavoro perdere slancio.
In Europa la Banca centrale europea guidata da Mario Draghi continua a rassicurare i mercati, affermando che verranno utilizzati tutti gli strumenti a disposizione per combattere la disinflazione europea, che secondo alcuni analisti potrebbe velocemente trasformarsi in deflazione ovvero una situazione di patologico abbassamento del livello dei prezzi che rischia di gettare l’Europa in una crisi simile a quella in cui il Giappone sta cercando faticosamente di uscire dopo vent’anni.
Nel corso della conferenza stampa che fa seguito al primo meeting di politica monetaria del 2014 il presidente Draghi non è stato però puntuale riguardo gli strumenti che potrebbero essere utilizzati, lasciando così intendere che vi sono ostacoli soprattutto a livello politico a proposito dell’adozione di misure non convenzionali, che quindi potrebbero arrivare soltanto quando la crisi “giapponese” avrà fatto capolino in questa parte dell’Occidente.
A peggiorare le cose c’è il fatto che i governi nazionali sembrano essersi rilassati grazie all’intervento della Banca centrale europea che ha spento l’emergenza degli anni scorsi. I paesi dell’Unione Europea nonché la stessa organizzazione continentale hanno però ancora bisogno di riforme strutturali che rischiano di non concretizzarsi ancora a lungo, specie se si considera che a maggio bisognerà votare per il rinnovo del Parlamento europeo, e quindi i partiti saranno ancora meno del solito propensi a scelte coraggiose e più al populismo e all’anti-europeismo.
Si tratta di un copione sperimentato molte volte in passato poiché, dato che i cicli elettorali in Europa non sono sincronizzati in alcun modo, ogni tanto c’è sempre un paese in campagna elettorale pronto a prendere in ostaggio il bene comune europeo per difendere i propri voti e le proprie poltrone.
Negli Stati Uniti intanto l’avvio del tapering è stato accolto con un report sul mercato del lavoro decisamente deludente e solo parzialmente ascrivibile alla difficile situazione meteo. La speranza è che questo dato, più che una battuta di arresto, sia semplicemente rumore, come d’altro canto sembra essere poiché in decisa controtendenza rispetto ai record precedenti in cui il miglioramento era palpabile. Serviranno nuovi dati per archiviare la delusione di dicembre senza dimenticare soprattutto che anche negli Stati Uniti vi è una forte necessità di riforme strutturali soprattutto dal punto di vista fiscale.
L’agenda macroeconomica relativa lunedì 13 gennaio 2014 prevede innanzitutto la produzione industriale italiana dovrebbe essere cresciuta su base mensile dello 0,3 per cento rallentando dunque la crescita rispetto al precedente 0 5 per cento. Seguiranno poi i dati sull’indice dei prezzi al consumo relativi a due paesi che stanno già assaggiando la deflazione, vale a dire la Grecia, che attende un calo dell’indice su base annua del 2,20 per cento in accelerazione rispetto al -2,90 per cento precedente, e il Portogallo, con -0,2 per cento su base tendenziale.
Il dato sull’inflazione relativo all’Italia verrà reso noto il giorno successivo e secondo gli analisti la crescita dei prezzi al consumo dovrebbe rimanere ferma allo 0,2 per cento su base mensile e allo 0,7 per cento anno su anno. La produzione industriale europea dovrebbe poi mostrare un’accelerazione con una crescita del 1,4 per cento su base mensile che segue il calo del 1,1 per cento della rilevazione precedente. Le vendite al dettaglio degli Stati Uniti dovrebbero rallentare da +0,7 per cento a +0,1 per cento su base mensile.
Mercoledì sarà la volta dell’inflazione spagnola, a sua volta vicinissima al zero su base annua, per la precisione allo 0,2 per cento: come si può notare la deflazione si sta via via diffondendo dai paesi più in crisi a quelli che non lo sono ancora, poiché quella di riferimento ovvero quella tedesca, che verrà resa nota giovedì, continua ad essere più bassa di quanto dovrebbe essere andare, ovvero all’1,4 per cento su base annua. In generale in Europa l’indice dei prezzi al consumo dovrebbe finire per attestarsi allo 0,8 per cento su base tendenziale, con il paniere core che dovrebbe confermarsi fermo su base mensile. Negli USA l’indice dei prezzi al consumo dovrebbe invece accelerare al 1,5 per cento sempre su base annua. Le richieste di nuovi sussidi di disoccupazione dovrebbero rimanere intorno alle 330 mila unità.