Di Maio: “Camere moralmente illegittime che lasciano spazio a Governo e lobby”

Pubblicato il 14 Gennaio 2014 alle 09:35 Autore: Gabriele Maestri
luigi di maio a renzi

Di Maio: “Camere moralmente illegittime che lasciano spazio a Governo e lobby”

Tra gli esponenti eletti del M5S, è certamente quello che ricopre la carica istituzionale più prestigiosa: nei suoi 27 anni, però, si mostra tutt’altro che inesperto e poco accorto. E se i capigruppo-portavoce dei gruppi parlamentari a 5 Stelle ruotano periodicamente, Luigi Di Maio mantiene dal 21 marzo 2013 il ruolo di vicepresidente della Camera (il più giovane di sempre).

La chiacchierata con lui parte necessariamente dalla legge elettorale, visto che è stato proprio Di Maio a chiedere con forza nel M5S il ritorno al Mattarellum (l’intervista però è stata fatta ieri pomeriggio, prima dunque della pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale); per il resto, c’è molta carne al fuoco, dalla riforma dei regolamenti parlamentari (“Ma basterebbe la volontà politica di approvare le leggi”) al “caso Sardegna”, fino all’ultima polemica da parte di alcuni senatori prima della consultazione sul reato di immigrazione clandestina.

Vicepresidente, lei da giorni propone di votare quanto prima con il Mattarellum, essendo “l’ultima legge elettorale votata da un Parlamento legittimo”. Lei però è stato tra i pochi a esporsi nettamente su questo: come spiega la sua posizione?

Ovviamente lo spartiacque è la decisione della Corte costituzionale. Quando c’è stata la sentenza – in verità, il comunicato della Corte – abbiamo realizzato che avevamo un Parlamento in cui 170 non eletti dovevano essere eletti e altrettanti eletti non dovevano esserlo. A questo punto si è creato un vulnus, secondo il quale la nostra proposta di legge elettorale precedente (quella con le preferenze positive e negative, metodo proporzionale d’Hondt, con primo firmatario Toninelli) che doveva essere discussa sulla rete non ci è sembrato più il caso di portarla avanti. E questo per una semplice ragione: questo vulnus avrebbe infettato poi i Parlamenti successivi, almeno dal punto di vista della costituzionalità “morale” di un Parlamento in queste condizioni. Quindi la scelta più semplice è stata vedere subito prima dell’era del Porcellum cosa ci fosse e, senza alcuna modifica, approvarlo: fare dunque una sorta di reviviscenza parlamentare dell’ultima legge elettorale utile, inserendovi addirittura una norma transitoria che dica che, qualora i collegi avessero dovuto subire variazioni e ci fosse stato bisogno della commissione ministeriale per ridisegnarli, in caso di elezioni imminenti sarebbero rimasti validi i collegi degli anni precedenti. Questo proprio per fare una sorta di fotografia.

Peraltro Grillo in questi mesi a fasi alterne ha tuonato contro chi voleva cambiare il Porcellum… 

Grillo ha semplicemente detto, nei mesi precedenti – ed è anche la mia opinione – che un Superporcellum non ci stava bene e, piuttosto, ci stava bene il Porcellum. Questa era la questione, oltre che discutere una nuova legge elettorale sulla base di quello che avevamo proposto noi e cominciare a discuterla nelle commissioni; il problema è che da luglio il Parlamento si è bloccato sulla legge elettorale perché il Senato si è “fregato” la proposta di legge, nonostante fosse stata votata l’urgenza alla Camera e la Finocchiaro, con una serie di audizioni, indagini conoscitive e così via, per 27 sedute, insieme al Pd di Bersani e di Renzi l’ha tenuta bloccata. Questo è il problema principale, perché si stavano muovendo dietro le quinte Pd e Pdl per fare una legge che affossasse il MoVimento 5 Stelle. Adesso le cose sono cambiate: per noi questo Parlamento meno cose vota, meglio è, meglio andare a votare il prima possibile con l’ultima legge utile.

Però la reviviscenza del Mattarellum deve sempre votarla il Parlamento.

Noi questo chiediamo: chiediamo che in commissione si voti una proposta di legge, estremamente sintetica, nella quale appunto si ripristina il Mattarellum.

Immagino che avrete fatto qualche conto, magari scoprendo che altre proposte vi darebbero meno spazio, mentre invece col Mattarellum potreste vincere più di qualche collegio uninominale. 

Mah, io credo che la situazione non sia delle migliori per il M5S con il Mattarellum. Noi abbiamo fatto i conti e probabilmente, vedendo anche le ultime elezioni nazionali, forse col “sindaco d’Italia” ce la saremmo giocata meglio, nel senso che avremmo avuto qualche opportunità di andare al secondo turno: noi non ci siamo trovati molto distanti dalle prime due coalizioni, considerando il depotenziamento del centrodestra con Berlusconi fuori dal Parlamento con quel sistema avremmo potuto avere delle opportunità. Ma non è questo il punto: il fatto è che se volessimo fare un mero calcolo di opportunità, in questo momento, il Mattarellum è l’ultima legge che ci serve: le ricordo che ha anche il sistema dello scorporo e delle liste civetta e di tutto quello che girava intorno a quella proposta. Lo facciamo per una questione di coerenza: noi diciamo che questo è un Parlamento moralmente incostituzionale perché vi siedono persone che non avrebbero dovuto sedervisi… se questa sentenza fosse uscita il giorno prima delle elezioni, ci sarebbero persone che non siederebbero in questo Parlamento. Allora a questo punto l’unica cosa da fare è ripristinare l’ultima legge; sarà poi il nuovo Parlamento – non so in quale composizione – a decidere cosa fare, se una nuova elettorale, una riforma costituzionale e così via.

Certo che se in un collegio ritenuto “blindato” il centrosinistra presentasse un candidato “paracadutato” di un altro territorio e il centrodestra schierasse una persona impresentabile, il MoVimento 5 Stelle avrebbe già vinto quel collegio…

Mah, non credo siano persone non intelligenti, credo sappiano benissimo come funzionano queste cose: dove c’è un candidato forte del M5S, anche come popolarità, affiancherebbero dei candidati più autorevoli e, viceversa, in altri posti metterebbero dei paracadutati. Poi ovviamente dobbiamo ricordarci sempre che i partiti non hanno più, con il Mattarellum, una consapevolezza dei collegi forti e di quelli meno forti: la prossima campagna elettorale, se si farà con il Mattarellum, sarà fatta pensando che in tutti i collegi tutti quanti si giocano la possibilità di vincere o di perdere. Ripeto però: di calcoli strategici non ne ho fatti, anche perché a seconda della legge elettorale cambia l’offerta elettorale. Per dire, anche con il Mattarellum non è escluso, se ci pensa, che potremmo essere stretti in un meccanismo mediatico di voto “utile”. A differenza degli altri, però, noi pensiamo che non sia la legge elettorale a far vincere, ma i consensi dei cittadini; poi, se loro decideranno di affidare il paese ad altre forze politiche noi ne prenderemo atto, ma noi vogliamo provarci, qualunque sia la legge.

Se alla fine da Renzi venisse avanti la Strada del Mattarellum “puro”, sareste disponibili a votare con il Pd?

Beh, subito dopo le indagini conoscitive in commissione noi depositeremo il Mattarellum; a quel punto, se loro stessi lo depositano, ci sarà un accorpamento dei testi e si discuterà quello. Non è che lo devono presentare loro, noi lo presenteremo. Tra l’altro, la reviviscenza del Mattarellum è contenuta in un altra proposta di legge del renziano Roberto Giachetti, depositata agli atti: quella fa salve solo le circoscrizioni estere, ma in sostanza è un articolo che fa appunto rivivere il vecchio Mattarellum.

Dal suo osservatorio della vicepresidenza di Montecitorio, in questi dieci mesi che idea si è fatto di quello che non funziona del sistema? C’è qualcosa, invece, che funziona bene della macchina dello Stato e delle istituzioni?

Dal punto di vista istituzionale noi qui abbiamo già tutti gli strumenti per poter fare le cose. Il problema principale che si addita al meccanismo istituzionale oggi è che è inceppato e quindi non si possono fare cose; io invece sono di un’altra idea, guardando anche alcuni esempi virtuosi e alcuni casi di scuola di forzatura dei regolamenti. Qui alla Camera, quando si è voluto, si è potuto ratificare l’accordo di Istanbul sulla violenza sulle donne, si sono approvate leggi di iniziativa parlamentare nel giro di pochi giorni. Quando invece non si è voluto, come con i rimborsi elettorali, si è rinviata tredici volte la proposta di legge sull’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, che in realtà poi non è stato abolito. La mia visione è privilegiata, anche perché ho dovuto conoscere i regolamenti: la mia idea è che abbiamo un Parlamento che è figlio del Porcellum e quindi crede sempre meno nella sua importanza e centralità.

In che senso?

Quando prima, credo, c’era più vocazione territoriale dei parlamentari, con un engaged people come lo chiamano gli inglesi, c’era una maggiore volontà del parlamentare di far valere le proprie istanze, ma soprattutto il proprio peso. Oggi invece c’è un Parlamento che, in maggioranza, preferisce delegare gran parte le decisioni più importanti al Governo e si limita ad essere il mero ratificatore di decreti-legge. Questo però ovviamente è una volontà della maggioranza dei parlamentari: nella conferenza dei capigruppo si può sempre ribaltare il tavolo, quando si fa il calendario d’aula si può sempre scegliere di mettere prima le proposte di legge e razionare i decreti legge come dice il regolamento. Io credo quindi che il problema più grande, al di là dei regolamenti che vanno perfezionati e del quadro costituzionale che va revisionato, sia la volontà politica che oggi manca: c’è un Parlamento che crede troppo poco in se stesso e quindi o lascia spazio all’esecutivo o – peggio – ai burocrati e alle lobby, perché dove viene meno l’autorevolezza della politica avanzano gli altri poteri occulti o manifesti che ci sono intorno.

Ha parlato di regolamenti parlamentari, ne approfitto: almeno una modifica per bloccare la malapratica dei maxi-emendamenti sarebbe da fare?

Il problema è che qui la riforma del regolamento che si sta facendo ora crea un’ulteriore corsia preferenziale per il governo. Si dice: ti elimino il maxi-emendamento, ma dico che i disegni di legge di governo sono a scadenza, ti metto una tagliola; poi si limita tutta una serie di strumenti, gli unici di cui oggi dispone l’opposizione per riuscire a controbilanciare almeno questo abuso di decreti-legge. Alla Camera abbiamo ancora modo di fare ostruzionismo sulla conversione dei decreti, gli unici procedimenti che non sono contingentati. Eliminato anche questo, da una parte si crea il ddl a scadenza, dall’altra si spiana la strada per i decreti-legge, perché tuttora il Governo teme che la Camera sia bloccata per due o tre giorni perché le opposizioni presentano ordini del giorno e intervengano. Ma non è che così si migliori l’autorevolezza e la centralità del Parlamento; governando e legiferando per decreti-legge in questi ultimi dieci anni, i risultati sono sotto gli occhi di tutti, quindi probabilmente la strada sta da un’altra parte. Ripeto: quando si è voluto, questo Parlamento ha approvato una legge in otto giorni, come il lodo Alfano; ci sono poi altri casi di scuola che riportano come, quando c’è un accordo su un tema, lo si possa portare avanti. Il decreto-legge, oggi, prima ancora dei maxi-emendamenti, è già stravolto in partenza: arrivano qui dei testi assurdi, il problema dell’ammissibilità o meno degli emendamenti si presenta perché questi decreti sono omnibus, quindi c’è una serie di temi su cui poi i parlamentari hanno diritto di presentare emendamenti. Anche i presidenti delle Camere credo che abbiano un po’ scaricato, in maniera vigliacca, la responsabilità sull’omogeneità degli emendamenti: i decreti arrivano già eterogenei. Il limite al maxi-emendamento è una strada, sicuramente, ma secondo me bisogna dare nei calendari delle Camere un posto riservato ai decreti: oggi già il regolamento lo dice, il 50% del calendario deve andare ai decreti, ma poi ce n’è sempre qualcuno che scade e si finisce per velocizzare quelli e trascurare i disegni di legge ordinari di Camera e Senato e questo disastro non permette al Parlamento di lavorare serenamente.

Sulla questione clandestinità e sulla consultazione online si è aperta una nuova polemica, con accuse palesi e pesanti a Casaleggio provenienti da alcuni suoi colleghi del Senato. C’è qualcosa che non va in questo sistema?

Qui secondo me si trascura un punto, cioè quello che abbiamo accettato quando ci siamo candidati. Nel nostro codice di comportamento è previsto che si consultino i cittadini per le questioni più importanti, che le proposte di legge che siamo tenuti a presentare in aula siano quelle provenienti dal Portale e votate da almeno il 20% degli iscritti. Ovviamente il sistema operativo del portale si sta perfezionando, ma noi – anche se nessuno ce lo può imporre per ovvie ragioni costituzionali – per il mandato politico che abbiamo accettato, abbiamo accettato di essere portavoce. Anche su questa questione, credo che la coerenza politica sia quella di continuare a utilizzare gli strumenti che ci eravamo prefissati. Il punto è che sono arrivati solo ora questi strumenti perché le elezioni anticipate di febbraio, rispetto alla previsione di aprile-maggio, ci hanno portato ad anticipare alcune cose e altre sono state fatte dopo. Poi però il MoVimento è chiaro che si evolve, è un fenomeno sociale: credo e spero che rimanga sempre questo rapporto con una comunità di iscritti con carta d’identità a un portale, che sono sempre di più – ormai sono 500mila iscritti e 100mila abilitati, consideri che 500mila è il numero di iscritti al Pd – anche perché ci aiuta ad avere un campione considerevole dei nostri iscritti, delle persone che ci seguono. Soprattutto ci si fonda su un concetto: noi ci fidiamo delle persone, crediamo che quando votano sul portale siano persone informate. Altrimenti non saremmo qui, non avremmo detto di essere portavoce, ma magari avremmo detto che ne sapevamo di più e la gente doveva stare a sentirci, una sorta di “setta di Illuminati” arrivata in Parlamento.

Che idea si è fatto del caso Sardegna? È un’assenza preoccupante o partecipare al voto avrebbe fatto più male che bene? 

Io credo – e questo vale anche per alcuni comuni, magari delle province di Napoli e Caserta, che io seguo da vicino, perché sono i miei collegi – che si debba partire da un presupposto: quando una comunità non è pronta è meglio non candidarsi, piuttosto che farlo per forza. Ma questo vale anche per i partiti: ci sono partiti che in alcuni comuni non sono pronti per le elezioni, partecipano comunque al voto e finiscono per far scoppiare scandali. Quando una forza politica, soprattutto giovane come la nostra, non è pronta, credo sia meglio non presentarsi: serve anche da monito alla comunità dei cittadini, per dire che bisogna maturare e in fretta, altrimenti non ci si presenta. Garante di tutto questo è sempre Beppe Grillo: arrivano centinaia di segnalazioni ogni giorno che ci permettono di avere un quadro generale della questione e verificarle. In Sardegna avevamo un po’ di massoni e di forzanovisti, questo ci ha suggerito che fosse il caso di non presentarsi, ma non c’è problema: quei cittadini che hanno a cuore la regione continueranno a farlo mettendo in campo quegli strumenti di democrazia partecipata che consente loro lo statuto regionale.

E che sarà degli eventuali attivisti che vorranno partecipare con simboli diversi?

Posto che in questi casi c’è una diffida all’uso del simbolo “ufficiale”, se poi qualcuna di quelle persone deciderà di candidarsi in altre liste non la giudico, perché non conosco le liste. Però è chiaro che non può usare il logo del movimento, per una questione di garanzia. Poi ci sono sempre quelli furbi che mettono cinque stelle o scrivono solo “Movimento”: queste cose per esperienza le ho viste succedere in Campania per anni  e non funzionano, i cittadini se ne accorgono.

Le è mai venuto in mente che, in più di un caso, ci fossero persone pronte a condividere i contenuti delle proposte M5S ma che si siano allontanate per i toni usati da Beppe Grillo o da alcuni di voi?

Le dico: io sono in questo movimento dal 2007 e, soprattutto nell’ultimo anno, ci sono sempre persone che mi scrivono. Alcuni dicono “Seguo il MoVimento solo per Grillo, tu sei troppo moderato”, altri scrivono “Mi piace come parli ma non mi piacciono i toni di Grillo”. Credo che la parte importante di questo movimento sono le persone che stanno per un periodo all’interno e sono se stesse: Beppe Grillo è se stesso da sempre, da quando lo ricordo in tv da piccolo, i toni sono sempre gli stessi e non è mai cambiato sul piano della comunicazione, come io spero di essere sempre lo stesso. Tutte le persone che seguono il movimento per i toni o non lo seguono per colpa dei toni, forse non hanno ancora capito che è un movimento che dà un’opportunità a tutti: ho un mucchio di persone che dicono “Come sei stato eletto tu potevo farlo io”, sì, ma loro non ci hanno creduto, altrimenti sarebbero magari state qui con me a condividere l’esperienza. Quindi entrarci, rispettare quelle poche regole fondamentali e portare avanti questa idea credo sia un’opportunità per tutti; se poi si condividono o meno i toni di Grillo, è più l’enfasi che produce l’effetto mediatico rispetto a quello che dice, le cose che dice per me sono sacrosante, altrimenti non mi sarei avvicinato a quel blog nel 2007, quando ancora il MoVimento 5 Stelle non esisteva. Badare ai contenuti e alle persone che sono sempre se stesse è un modo anche per apprezzare l’autenticità di questo movimento. Fossimo cambiati in base ai meccanismi del consenso, saremmo diventati tutti democristiani qua!

A Genova Grillo ha detto espressamente: “Mi avete superato”. Sarà possibile un M5S senza Grillo e Casaleggio?

Io non mi sento di escludere nulla: è chiaro che Grillo e Casaleggio sono tuttora persone fondamentali di questo MoVimento, perché hanno il senso della sua storia  e il progetto lo incarnano molto bene, avendolo fatto nascere. Spesso però Grillo dice questo: credo che anche da parte sua e di Casaleggio ci sia la volontà di farlo diventare sempre più un movimento legato a coloro che partecipano al movimento e sempre meno alle figure di Grillo e Casaleggio. Ma non per un problema di convivenza: eravamo il movimento della democrazia diretta e vogliamo continuare ad esserlo appunto con quella comunità di iscritti che dà un’opportunità a tutti di poter votare. Io sogno un movimento che sempre di più sarà legato a quel portale e darà ai cittadini l’opportunità di decidere; Grillo e Casaleggio sono i padri del progetto e, finché ne sono garanti, io sono più tranquillo. Ma non credo sarà per sempre: come vedete, Grillo ha diminuito il numero di palchi, anche noi stiamo girando di più, siamo un MoVimento in continua trasformazione.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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