Il mondo alla ricerca di una locomotiva contro la crisi “secolare”
Il mondo alla ricerca di una locomotiva contro la crisi “secolare”
Il mondo cerca disperatamente una locomotiva che riesca a tirarlo fuori da una crisi che rischia di essere “secolare”. Dalla Cina agli Stati Uniti, dall’Europa ai paesi emergenti, ovunque si vedono i segnali di una debolezza che sembra destinata a non terminare presto. Gli USA, nonostante qualche passo in avanti, continuano a rischiare una crisi fiscale nonché l’attivazione di una bolla finanziaria (che la Federal Reserve non potrebbe combattere alzando i tassi, stante l’attuale crescita anemica). La Cina deve fare i conti con problemi al sistema creditizio che rischiano di innescare un processo di appesantimento della crescita economica, che il governo cerca di evitare per non dover affrontare problemi sociali. I paesi emergenti dovranno fare i conti con la fine del fiume di denaro collegato al quantitative easing, in via di progressivo prosciugamento.
Infine l’Europa: continua ad essere la più inceppata regione del pianeta. Europa che rischia di rimanere intrappolata a lungo non solo a causa di problemi collegati alla congiuntura, bensì anche e soprattutto a causa di problemi strutturali. Il problema principale, oltre ad una crescita insufficiente ad assorbire la disoccupazione, continua ad essere l’inflazione, attualmente allo 0,7 per cento, e secondo gli analisti in via di stabilizzazione su questi livelli.
Potrebbe sembrare una buona notizia, ma lascia sospettare che l’Europa sia ormai prossima ad entrare nella trappola della deflazione, dalla quale, come insegna esperienza giapponese, non è facile uscire. Dovrebbe essere necessario un intervento massiccio volto a riportare quanto più in fretta è possibile il tasso di crescita dei prezzi al target del 2 per cento, ma, come noto, vi sono ancora enormi resistenze a livello politico da parte dei paesi del Nord Europa, la cui inflazione, pur relativamente bassa risulta essere (come lecito attendersi) maggiore rispetto ai paesi del Sud ed in cui soprattutto non si avverte il bisogno (e anzi, lo si teme) di un alleggerimento monetario.
Il 2014, nonostante il calo degli spread, rischia di essere un altro anno sull’ottovolante (o, se tutto va bene, la quiete prima della tempesta del 2015). Non resta che allacciare le cinture e sperare che dal Parlamento Europeo emerga forza sufficiente per riportare l’UE sui giusti binari, ma la crescita dei partiti euroscettici rischia di stroncare definitivamente le speranze.
Settimana macroeconomica relativamente scarna: gli ordini all’industria italiana rilasciati lunedì mostrano un miglioramento superiore rispetto alle attese degli operatori; martedì verrà reso noto l’indice ZEW che misura il sentiment degli investitori istituzionali tedeschi e che dovrebbe segnalare un lieve miglioramento.
Mercoledì ci sarà la decisione relativa alla politica monetaria giapponese; giovedì sarà giornata di indici dei direttori degli acquisti in vari paesi del mondo, relativi in particolare al terziario: nella maggior parte dei casi è previsto un dato superiore ai 50 punti, che fanno prevedere un aumento dell’attività economica. L’unica eccezione continuerà ad essere la Francia, che procede sulla strada del ritorno in recessione. Negli Stati Uniti sia il mercato del lavoro e quello immobiliare dovrebbero rimanere stabili ai livelli precedenti.
Venerdì le vendite al dettaglio italiane dovrebbero tornare in crescita su base mensile per 4 decimi di punto percentuale.
Giovanni De Mizio