Durante la scorsa settimana, si è svolta la visita del Primo ministro italiano, Enrico Letta, in Messico con l’obiettivo di migliorare i rapporti fra l’Italia e il Paese centroamericano. Il principale interesse ha riguardato la riforma energetica che ha adottato il Messico guidato da Enrique Peña Nieto: l’obiettivo è aprire il settore petrolifero agli investimenti privati, così da assumere una rilevanza strategica all’interno dei mercati mondiali.
Per queste ragioni, al seguito della missione di Letta era presente anche l’amministratore delegato dell’azienda multinazionale Eni, Paolo Scaroni, ha incontrato il proprio omologo della compagnia messicana Petróleos Mexicanos (PEMEX), Emilio Lozoya Austin, per discutere sulle future partnership strategiche. Una prospettiva sorprendente, considerata la precedente nazionalizzazione del petrolio che aveva reso la PEMEX come l’unica compagnia petrolifera del Messico senza alcuna possibilità di condividere la propria produzione con le compagnie petrolifere internazionali.
Tuttavia, al momento la PEMEX è in gravi difficoltà, nonostante sia comunque una delle più grandi compagnie petrolifere del mondo, e l’apertura degli investimenti privati potrebbe rivelarsi la soluzione idonea per evitare il collasso. In tale prospettiva va inquadrata l’apertura della nuova sede dell’Eni a Città del Messico: il governo italiano non intende limitarsi esclusivamente al settore petrolifero, ma estendersi sia a livello politico sia a quello economico.
Per attirare investimenti privati è necessario, però, che il governo del Paese centroamericano provveda presto e in maniera adeguata sul tema della sicurezza nazionale, consapevole della sfiducia che nutre la popolazione messicana nei riguardi delle istituzioni politiche e quelle militari. Infatti, durante la visita istituzionale dell’Italia, la città di Nueva Italia era stata occupata, e liberata dal controllo del cartello della droga Caballeros Templarios da parte di un gruppo armato di cittadini.
Questi “vigilantes” hanno giustificato il loro intervento sulla base del fatto che il governo non sa adeguatamente proteggere da estorsioni e violenze che subisce la propria popolazione. Inoltre, essi hanno rifiutato la richiesta del governo messicano di abbandonare le armi: “Disarmarci? Se l’avessimo fatto, i Caballeros Templarios ci avrebbero già ucciso!”, così hanno dichiarato i leader dei vigilantes che rinunciano a dialogare con le istituzioni fino a quando queste non si saranno impegnate ad affiancarli nella loro lotta.
Il governo ha provato a reagire all’imbarazzante impasse, lanciando una grande offensiva contro i cartelli della droga e promettendo di ristabilire la legge e l’ordine nel Paese. Al momento, l’esercito e la polizia federale hanno soltanto rafforzato la propria presenza sul territorio nelle aree più pericolose, come Tierra Caliente.