La riforma truffa
La riforma truffa
L’accordo tra Renzi e Berlusconi sulle riforme istituzionali ha entusiasmato molti osservatori, lasciando i critici in netta minoranza –i soliti radical chic con la puzza sotto il naso e i grillini sempre seduti sul piedistallo dell’inutuile diversità. Persino Repubblica ha definito l’evento “Una svolta di sistema” e, non vedendo i pesanti limiti di questa “svolta”, muove solo poche critiche alle microliste bloccate -trascurando, però, che le “preferenze” hanno creato un sistema clientelare ormai endemico e che in tutta Europa, dalla Germania alla Spagna alla per la Grecia, le liste elettorali sono bloccate.
Legge elettorale. L’Italicum, “appunto, all’italiana mette tutti gli ingredienti nello stesso piatto”: non ne esce però una portata deliziosa. L’enfasi sulla stabilità garantita dal nuovo sistema è retorica per allocchi. Mantenendo i privilegi per le liste coalizzate, come già col Mattarellum e col Porcellum, i partiti, per arrivare al ballottaggio ed aspirare al premio di maggioranza, finiranno per costruire delle ammucchiate elettorali capaci di vincere ma non di governare: il premio di maggioranza, concetto tutto nostrano, è il primo vulnus alla stabilità. La legge elettorale non va pensata per danneggiare una forza politica (come denunciava Alfano, ben consapevole di aver votato, con Berlusconi, Casini e Fini, il Porcellum che fermò Prodi) ma non può essere a salvaguardia dello status quo. Con l’Italicum, purtroppo, non cambierà nulla: troveremo, ancora, lenzuola come schede elettorali e ammucchiate che si giocheranno quell’abnorme “premio” su cui, magari, presto o tardi, arriverà una nuova condanna della Corte Costituzionale.
Bicameralismo. Il bicameralismo perfetto è stato unanimente condannato e, dunque, il suo superamento sarebbe stato abbastanza semplice: abolizione del Senato, monocameralismo. Invece si insegue ancora, dopo un dibattito ultradecennale, la fantasia pseudo-federalista per cui all’Italia servirebbe un “Senato delle Autonomie” spudoratamente venduto come il Bundesrat tedesco. L’Italia non è uno Stato federale e, peraltro, l’annunciata riforma del Titolo V va nella direzione opposta, restituendo allo Stato alcune competenze ora delegate alle Regioni: non c’è, dunque, bisogno di una camera per i rappresentanti degli enti locali. Già esistono i luoghi del confronto (la “Conferenza Stato-Regioni”, la “Conferenza Stato-città ed autonomie locali”, la “Conferenza Unificata”) e su di questi bisognerebbe concentrarsi per ottimizzare l’iter legislativo e garantire il risparmio di risorse pubbliche. Il “Bundesrat all’italiana”, invece, già sembra un’inutile struttura creata per riempire le giornate e i portafogli di qualche politicante “in carriera”.
Il segretario del PD è stato tanto bravo a sferzare la minoranza del suo partito quanto incapace di portare a casa un risultato che possa far cambiare verso al Paese. Il rottamatore Renzi, onestamente, poteva osare di più.