Politica italiana, preferenza anziché preferenze
Politica italiana, preferenza anziché preferenze
In Italia votiamo con sistema di liste bloccate dal 2006. Ad introdurre la riforma, subentrata al cosidddetto ‘Mattarellum’, la coalizione di centrodestra guidata oggi come allora dal fondatore di Forza Italia Silvio Berlusconi. A costo di apparire ripetitivi vale la pena di ricordare che dal 2006 ad oggi il Parlamento è composto da candidati imposti dai leader e dai rispettivi segretari di partito.
Ipocrisie a parte è un sistema gradito da ogni leader: senza nessuna differenza tra chi si è susseguito in questi anni alla guida di qualsiasi formazione politica (Casini, Veltroni, Berlusconi, Vendola, Monti, Bersani o Grillo ecc. ecc.).
A questo punto è utile smascherare un’altra diffusa ipocrisia che riguarda il centrosinistra e partiti come il Pd o Sel: le ‘parlamentarie’ cioè le primarie per le scelte dei candidati deputati e senatori.
I candidabili da sottoporre al voto sono indicati dalla segreteria del partito che concede o non concede proroghe seguendo criteri non sempre oggettivi. Prendendo ad esempio le prime ed ultime ‘parlamentarie’ del Pd c’è un forte orientamento del gruppo dirigente circa la scelta dei candidati da sostenere nei singoli territori. Farò un esempio su tutti: il gruppo dirigente della segreteria Bersani ha fortemente spinto perché fosse candidato ed eletto nel suo collegio Stefano Fassina. Risultato? Fassina ha raccolto l’80% delle preferenze nel suo collegio. Allo stesso identico modo è facile immagine che il Pd targato Renzi spinga, in occasione delle prossime ‘Parlamentarie’, per l’elezione di candidati su cui ricada la preferenza del segretario. E di conseguenza che questi possano raccogliere le preferenze degli elettori dei votanti. Non è tutto. Le primarie per la scelta dei candidati alle elezioni politiche hanno visto la partecipazione di 1 milione di persone: platea molto ridotta rispetto ai voti che il Pd ha raccolto alle elezioni. Conclusione: neanche nel caso del Pd si può dire che gli elettori abbiano scelto i candidati da eleggere.
Virtù da leader: C’è da riconoscere che Renzi e Berlusconi in una politica italiana troppo spesso bloccata da veti e dall’incomunicabilità dei protagonisti hanno trovato nello spazio di poco tempo l’occasione per riproporsi come leader capaci di riformare un sistema immobile. Sempre che siano capaci di giungere alla conclusione del percorso annunciato.
Prima annotazione: Berlusconi sembra aver deciso di lasciare la scena principale a Renzi: così facendo, secondo i maligni, sarà più facile far saltare il banco semmai deciderà di farlo.
Seconda annotazione: l’impostazione della riforma elettorale dà l’impressione di essere troppo condizionata dal risultato delle ultime elezioni politiche. L’introduzione del ballottaggio tra le prime due coalizioni somiglia ad una cintura di sicurezza inserita dal Pd e Forza Italia per proteggere il sistema politico-istituzionale dal Movimento 5 Stelle. Tuttavia un sistema elettorale, quando è pensato per premiare o ridimensionare, una forza politica non è per definizione un buon sistema elettorale. Tanto valeva tornare al ‘Mattarellum’ sistema con il quale Renzi e Berlusconi avrebbero avuto la possibilità di mettere nell’angolo il Movimento 5 Stelle, la cui presenza nei territori non è ancora paragonabile alla forza elettorale del centrosinistra e del centrodestra. Hanno preferito inventare l’Italicum piuttosto che tornare al Mattarellum per non cedere sovranità.
Terza e ultima annotazione: non c’è leader che prima di prendere il comando non si dica a favore delle preferenze per ‘dare la possibilità ai cittadini di decidere da chi farsi rappresentare in Parlamento’. Alla stessa maniera non c’è leader che una volta preso il comando non si adoperi per decidere da chi farsi rappresentare in Parlamento.
Giuseppe Spadaro