La Corte di Giustizia UE non considera il CBD un narcotico
Lo scorso 19 Novembre, la Corte di Giustizia Europea (CJEU) ha decretato la non–tossicità del CBD, dal momento che – stando a quanto dichiarato dai giudici – la sostanza “non risulta avere alcun effetto psicotropo né arrecare alcun danno alla salute”.
La decisione è arrivata a seguito di una disputa legale intentata dal governo francese nei confronti di KanaVape – una compagnia della Repubblica Ceca specializzata nell’esportazione di canapa e di olio a base di CBD.
La Corte – nell’ emanare la sua sentenza – ha fatto riferimento alle linee guida delle Nazioni Unite riguardanti le sostanze stupefacenti. Queste – nonostante facciano specifica menzione di “estratti di cannabis” – non includono tuttavia alcun riferimento al CBD, dettaglio che ha portato i giudici europei ad esprimersi di conseguenza.
Il tentativo del governo francese di proibire la vendita dei prodotti in questione non è stato ritenuto giustificabile dai magistrati, i quali hanno identificato in esso una grave violazione dei principi cardine dell’Unione riguardanti la libera circolazione dei beni entro i propri confini.
Facciamo un passo indietro
Il tribunale di Marsiglia aveva condannato nel 2018 la società ceca KanaVape per aver fatto uso commerciale di olii ed essenze in quanto estratti direttamente dai fiori di cannabis sativa – cosa ritenuta illegale dal diritto francese. L’attuale normativa permetteva infatti l’utilizzo esclusivo di oli ed essenze estratti dai semi di canapa.
L’intervento della Corte di Giustizia Europea è stato richiesto dalla Corte d’Appello di Aix-En-Provence, a cui hanno ricorso i produttori cechi.
Il CBD negli altri Paesi Europei
Stando alla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il CBD (cannabidiolo) è uno dei 113 cannabinoidi che si trovano nella canapa. A differenza del rinomato delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), il CBD non produce effetti psicotropi in chi lo consuma.
In gran parte dell’Unione Europea è possibile consumare legalmente prodotti a base di CBD. Già nel 2000 la Commissione Europea si espresse in favore della libera vendita di questo tipo di prodotti – a patto che mantenessero un livello di THC inferiore allo 0,2%.
Tra i Paesi con le legislazioni più blande vi sono la Germania, la Spagna, la Grecia, l’Olanda, la Svezia e la Polonia. Questi ultimi, non a caso, controllano la maggioranza delle quote del mercato – che si prevede possa raggiungere un giro di affari pari ad 1,5 miliardi di euro entro il 2023.
La maggioranza dei paesi comunitari, però, non ha ancora definito un chiaro quadro normativo riguardante il commercio di CBD. E’ questo il caso, tra gli altri, di Francia e Portogallo: se la prima permette la vendita solamente di prodotti che seguano specifiche procedure di produzione, il secondo subordina la possibilità di acquistare questo tipo di prodotti al possesso di un certificato medico.
In Italia la situazione è controversa. Se l’assenza di una normativa ha sino ad ora favorito il fiorire di rivenditori di cannabis light, un decreto del Ministero della Salute entrato in vigore lo scorso 30 Ottobre – che ha a sua volta ripreso una sentenza della Corte di Cassazione del 2019 – aveva inserito il CBD nella lista delle sostanze stupefacenti. Il decreto è stato però momentaneamente sospeso, con buona sorte dei commercianti, i quali potranno – per ora – continuare a vendere prodotti che non superino il limite dello 0,6% di THC.
L’unico Paese membro a vietare esplicitamente la vendita di CBD è la Slovacchia.