Cosa prevede l’Italicum e come sarebbe oggi il Parlamento con questa legge
Il testo base dell’Italicum, la legge di riforma elettorale, anticipato nei suoi punti fondamentali nei giorni scorsi da Matteo Renzi e presentato ora in Commissione Affari Costituzionali con le firme di PD, Forza Italia e Nuove Centrodestra, prevede un sistema proporzionale corretto in senso maggioritario. Il meccanismo di ripartizione dei seggi assegna, infatti, come già annunciato in questi giorni, un premio di maggioranza su base nazionale sia alla Camera che al Senato in grado di portare la coalizione o la singola lista vincitrice fra il 53% e il 55% dei seggi: il premio verrà assegnato subito se la coalizione o singola lista raggiungerà almeno il 35%, mentre sotto questa soglia si procederà ad un secondo turno di ballottaggio fra le due coalizioni o le singole liste non coalizzate che hanno ottenuto il maggior numero di voti.
SOGLIE DI SBARRAMENTO E LISTE. Sia alla Camera che al Senato accedono alla ripartizione dei seggi i partiti o gruppi politici che avranno raccolto almeno il 5% dei voti se facenti parti di una coalizione che ha raggiunto o superato il 12%, o altrimenti almeno l’8% dei voti se liste singole o parte di una coalizione rimasta al di sotto del 12%. L’elezione avviene sulla base di liste bloccate in collegi plurinominali che assegneranno da un minimo di 3 ad un massimo di 6 seggi. Il testo introduce inoltre un divieto alle candidature multiple: ad esempio, non sarà più possibile per i leader candidarsi capolista in più collegi.
COSA CAMBIA RISPETTO AL “PORCELLUM”. Rispetto alla legge elettorale dichiarata in più punti incostituzionale dalla Consulta, questo testo di riforma:
– introduce il ricorso al ballottaggio per l’assegnazione del premio di maggioranza se la coalizione o lista vincitrice rimane sotto il 35% e prevede un premio di maggioranza assegnato su base nazionale anche al Senato, ovviando al problema della possibile mancanza della maggioranza al Senato per la coalizione vincitrice;
– introduce al posto delle vecchie maxi-circoscrizioni i piccoli collegi sul modello spagnolo;
– modifica le soglie di sbarramento rendendo più difficoltoso l’accesso al Parlamento per i partiti più piccoli e/o radicati soltanto in alcune aree del Paese (fatte salve le norme a salvaguarda delle minoranze linguistiche).
UNA SIMULAZIONE . Per comprendere meglio come funziona nella sostanza il meccanismo previsto nel testo di riforma della legge elettorale presentato, introduciamo una simulazione di come sarebbero oggi composte Camera e Senato con i risultati delle elezioni del 24-25 febbraio 2013.
Alla Camera dei Deputati, non avendo nessuna lista o coalizione raggiunto il 35%, si sarebbe dovuto ricorrere al ballottaggio. In caso di vittoria al secondo turno della coalizione di centrosinistra guidata da Bersani, il PD avrebbe ottenuto 327 seggi, i sudtirolesi del SVP 5 seggi, il Movimento 5 Stelle 119 seggi, Scelta Civica 40 seggi, l’allora PDL 135 seggi e altre liste 4 seggi. Se invece avesse vinto al ballottaggio il centrodestra guidato da Berlusconi, il PDL avrebbe ottenuto da solo 328 seggi, il PD 135, il Movimento 5 Stelle 118, Scelta Civica 40, SVP 5 e altri 4 deputati. Sarebbero quindi rimasti fuori da Montecitorio, non avendo superato la soglia del 5% o dell’8%, tutti i partiti minori (SEL, Lega Nord, Fratelli d’Italia, UDC).
Al Senato, non avendo neanche qui nessuna lista o coalizione raggiunto il 35%, alla stessa manierasi sarebbe dovuto svolgere il ballottaggio e in caso di vittoria della coalizione di centrosinistra, il PD avrebbe ottenuto 164 seggi, il SVP 3 seggi, il Movimento 5 Stelle 54 seggi, la Lista Con Monti 22 seggi, l’allora PDL 70 seggi e altre liste 2 seggi. Se invece avesse vinto al ballottaggio il centrodestra, il PDL avrebbe ottenuto la maggioranza con 163 seggi, il PD 72, il Movimento 5 Stelle 54, Scelta Civica 21, SVP 3 e altri partiti 2 senatori. Anche in questo caso tutte le altre forze politiche non sarebbero entrate a Palazzo Madama.