Cessate il fuoco in Sud Sudan
Cessate il fuoco in Sud Sudan
C’è un accordo di cessate il fuoco in Sud Sudan. E’ stato raggiunto ad Addis Abeba tra i rappresentanti del presidente Salva Kiir e i delegati dell’ex vicepresidente e oggi leader dei ribelli Riek Machar. L’accordo prevede la fine dei combattimenti entro 24 ore (l’intesa è stata firmata giovedì) e il rilascio di 11 prigionieri ribelli detenuti in un carcere sud sudanese dalle forze governative. Si tratta di dirigenti e funzionari che a metà dicembre, quando sono scoppiate le ostilità, Salva Kiir ha accusato di voler fare un colpo di stato.
L’accordo arriva dopo settimane di trattative ad Addis Abeba ed è il primo risultato concreto per avviare una trattativa di pace e fermare una guerra di potere che aveva assunto forti connotazioni etniche. Sulla carta questo accordo dovrebbe congelare le posizioni raggiunte sul terreno. Posizioni che da giorni, dall’una e dall’altra parte, si cercava di consolidare per poter trattare da una posizione di forza. Adesso è impossibile sapere quali siano le posizioni. Fino a poche ore prima dell’intesa si combatteva pericolosamente anche vicino alla regione dei Lakes, dove si sono concentrati gran parte dei profughi fuggiti dalla città di Bentiu, nello stato di Unity, e dalla città di Bor.
L’intesa non nasce sotto i migliori auspici. Il governo Sud Sudanese ha già detto di essere molto scettico sulla capacità dell’opposizione di imporre la tregua a tutti i ribelli. Non è infatti ancora chiaro quanto Riek Machar sia in grado di esercitare la propria autorità sulle truppe che ha lanciato nel conflitto. Truppe che sono spesso masse di giovani di etnia nuer in quadrati in tutta fretta tra le fila dell’opposizione.
Ora si tratta di attendere e sperare che sia il primo passo verso la pacificazione. Il conflitto ha già provocato migliaia di morti, impossibile sapere quanti esattamente perché nelle zone dei combattimenti ci sono pochissimi giornalisti, cooperanti, missionari. Ha provocato la distruzione totale di almeno due città, Bor e Bentiu. E soprattutto ha provocato quasi 500 mila profughi e sfollati interni ammassati in campi ancora poco organizzati con rischi di epidemie.
I colloqui tra governo e ribelli riprenderanno il 7 febbraio, con lo scopo di trovare un accordo per una cessazione definitiva alle violenze.
Raffaele Masto