Lo scorso giovedì, 23 gennaio, il deputato del Movimento 5 Stelle Alessandro Di Battista, grillino della prima ora vicino a Casaleggio, vicepresidente della Commissione Affari Esteri, ha partecipato, come ospite collegato, alla trasmissione “Servizio Pubblico” di Michele Santoro. Questa non sarebbe di per sé una notizia, visto che da tempo ormai Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio hanno “liberalizzato” le partecipazioni televisive dei “cittadini eletti”; lo diventa però a fronte dell’enorme eco mediatica dell’evento. I giornali la mattina dopo hanno infatti riservato ampio spazio ai commenti all’intervista (chi a favore, chi contro, chi sostenendo la tesi del “burattino che leggeva il gobbo”, chi quella del “politico di razza”) e indubbiamente la base grillina ha molto apprezzato la prestazione, inondando la rete di commenti entusiastici attraverso facebook e twitter; la stampa vicina al Movimento ha chiosato paragonando (forse infelicemente) la gioia dei sostenitori di Grillo nel gustare l’intervento di Di Battista a quella dei fan di un cantante famoso quando sentono una sua canzone passare alla radio.
Ma cosa avrà mai detto di tanto diverso dagli altri l’onorevole Di Battista? E come lo avrà detto? Grazie al mai troppo ricompensato sforzo di Valentina Muccitelli, abbiamo potuto mettere le mani sulla trascrizione integrale della puntata di Servizio Pubblico. Non resta che munirci degli attrezzi giusti, come sempre forniti dall’ItaliaNLP Lab dell’Istituto di Linguistica Computazionale di Pisa, e smontare una volta ancora la scatola del carillon, per esaminare la complessità del meccanismo e la fattura degli ingranaggi.
L’analisi della leggibilità restituisce un punteggio di 51 sull’indice Gulpease: significa che il discorso di Di Battista risulta di facile comprensione per chi ha conseguito la licenza superiore; chi ha la licenza media lo troverà difficile, mentre con la sola licenza elementare è inutile accostarsi: la leggibilità rientrerebbe in quella che si chiama “soglia di frustrazione”. Il risultato non è basso, se confrontato con la media dei risultati dei politici italiani, ma non è abbastanza alto da giustificare tutto questo entusiasmo (lo stesso Grillo ottiene quasi sempre punteggi vicini al 60 e Matteo Renzi – campione in carica di “semplicità di comunicazione” – lo supera regolarmente).
Lo stile comunicativo presentato da Di Battista ha però una peculiarità unica, che emerge solo ad un’analisi più approfondita: una scelta terminologica estremamente basica. Mentre la sintassi del grillino risulta spesso particolarmente ingarbugliata, infatti, le parole che utilizza appartengono per il 76% al Vocabolario di Base, che è l’insieme dei 7000 lemmi della lingua italiana riconosciuti da buona parte dei parlanti. L’80% dei termini di questo sottoinsieme si trova poi nel cosiddetto Vocabolario Fondamentale, l’insieme dei 2000 vocaboli maggiormente utilizzati e conosciuti dalla totalità dei parlanti della lingua, a prescindere dall’educazione ricevuta. Per avere un’idea più precisa di cosa questo comporti, si tenga presente che la parola più “ricercata” di tutto l’intervento televisivo di Di Battista, in cui si è parlato tra l’altro di legge elettorale, di economia, di alleanze parlamentari e di politica estera, risulta essere “definitivamente”. Questa scelta comunicativa è perfettamente in linea con quella di Beppe Grillo e Di Battista è perfino più bravo di lui a pescare nel solo Vocabolario Fondamentale. Il leader extraparlamentare del Movimento riesce però a mantenere – nella maggior parte delle frasi – anche una sintassi piana e lineare, cosa non altrettanto semplice per il cittadino eletto.
Proiettando la leggibilità sul testo possiamo evidenziare gli argomenti che maggiormente complicano la sintassi di Di Battista: le due frasi più lunghe e intricate riguardano la proposta a cinquestelle sul reddito di cittadinanza (che infatti, a quanto riferisce Di Battista stesso, è stata sviluppata da altri) e l’affermazione riguardo al fatto che i suoi voti in Parlamento non sono mai stati condizionati da Grillo o Casaleggio.
L’estrazione terminologica contrastata restituisce invece i sintagmi che nel discorso di Di Battista risultano più importanti per frequenza e posizione: si tratta, nell’ordine, di “miliardo di euro”, “cittadino italiano”, “legge elettorale”, “parlamento” e “proposta di legge”: non sono le estrazioni cui ci ha abituato Beppe Grillo, che di solito mette al centro dei discorsi il referendum sull’euro e l’attacco agli avversari; qui sembra invece che lo scopo principale dell’intervento sia rassicurare gli ascoltatori sulla reale intenzione del Movimento 5 Stelle di abbandonare la strategia ostruzionista e cominciare a prendere sul serio riti e procedure della democrazia.
Il tentativo di prendere le distanze dalla figura di Beppe Grillo e dall’identificazione del Movimento con il proprietario del simbolo risulta ancora più chiaro guardando alla frequenza dei nomi propri pronunciati durante l’intervista: 10 Berlusconi, 8 Renzi e soltanto 4 Grillo (tre di queste quattro volte, tra l’altro, Di Battista lo nomina senza cognome, chiamandolo amichevolmente Beppe).
Dall’analisi linguistica sembra dunque che a rendere così speciale – e così amata dai grillini – questa intervista sia stato proprio il tentativo di emancipazione dal padre-padrone del Movimento e dalla sua intransigenza, anche se portato avanti da un fedelissimo dell’”altro genitore”. Resta da vedere quanto la manovra sia dettata dall’avvicinarsi della competizione elettorale europea e quanto spazio di manovra i due fondatori lasceranno effettivamente alle loro creature.
* Le analisi linguistiche all’interno di questo articolo sono state realizzate con software sviluppati da ItaliaNLP Lab – www.italianlp.it, Istituto di Linguistica Computazionale “A. Zampolli” (ILC) – www.ilc.cnr.it, Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), area di Pisa.