Licenza di scioperare

 

Licenza di scioperare

 

 

È tempo di liberalizzazioni. Farmacie, settore dell’energia,  servizi pubblici, ma anche ordini professionali e trasporti. Sembra essere tornati indietro alle “lenzuolate” dell’allora Ministro Bersani.
Il governo Monti ci riprova, dopo un timido tentativo di intavolare la discussione prima della pausa natalizia è giunto il momento della resa dei conti. Come accadde nel 2006-2007, tra i primi a serrare gli scudi e a prepararsi alla battaglia ci sono i tassisti. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà non fa in tempo ad annunciare l’intervento del  governo entro  il 20 gennaio che da Bologna, dove si è svolta una agitatissima riunione di categoria, arriva la notizia di uno sciopero fissato per il lunedì successivo.
L’Autorità di garanzia per gli scioperi, quasi immediatamente, diffonde una nota, affermando che “non potrebbe essere considerato legittimo un blocco totale del servizio “. Troppo tardi, a Milano, Roma, Napoli e altre città già si registrano i primi scioperi selvaggi, con una Piazza del Plebiscito invasa da oltre 300 vetture bianche e una Roma dove il servizio è completamente paralizzato.
[ad]Ma ad organizzarsi non sono solo i tassisti e su Twitter,  già da qualche giorno, è nata la contro protesta di utenti e cittadini. C’è chi minaccia un contro sciopero e persino chi si offre di passare un giorno ad accompagnare gli utenti rimasti a piedi in giro per la città.
Ovviamente anche i maggiori partiti politici non hanno tardato a prendere posizione. Da via dell’Umiltà , il PDL, nei giorni scorsi, ha fatto sapere che tassisti e farmacisti “non possano essere usati come ”vittime sacrificali” per favorire altri interessi”. Il Pd, per bocca del segretario Bersani plaude alle proposta del governo, mentre, a Napoli, il sindaco de Magistris, si schiera al fianco dei tassisti, forse memore di quanto costò al candidato Rutelli l’opposizione delle auto bianche nella corsa a Sindaco della capitale.
Lecito e doveroso chiedersi perché tanta attenzione nei confronti di una sola categoria, quella dei tassisti, che sempre più spesso viene definita dalle cronache come una vera e propria lobby.
Per l’Aci sono 25 mila le vetture bianche in circolazione sul territorio nazionale, per le associazioni di categoria molte di più. Ma come è il servizio attualmente offerto? Una recente ricerca a cura di Euro Test – Quality Safety Mobility, il network che raccoglie 18 automobile clubs in 17 paesi in Europa ha stilato una precisa classifica per valutare il servizio taxi in alcune città europee. Per l’Italia sono state prese in considerazione Milano e Roma che rispettivamente occupano la parte più alta e più bassa della classifica.

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[ad]Ma cosa cambierebbe se fosse approvata la bozza presentata dal governo?  Il capo VI articolo 22 del testo in discussione è quello dedicato all’autorità di regolazione dei trasporti. Per quanto riguarda i taxi è previsto un sostanziale adeguamento “dell’offerta del servizio taxi, delle tariffe e della qualità delle prestazioni alle esigenze dei diversi contesti urbani, in particolare per quanto riguarda le città metropolitane, secondo i criteri di ragionevolezza e proporzionalità, allo scopo di garantire il diritto di mobilità degli utenti”. In altri termini si prevede la possibilità di aumentare sensibilmente il numero di auto bianche circolanti, ove necessario, a fronte di una compensazione economica nei confronti di chi già detiene una licenza e  vedrebbe il valore di questa irrimediabilmente ridimensionato. Inoltre sarà possibile vendere o affittare le licenze, esercitare la propria attività anche al di fuori dell’area per la quale sono state originariamente rilasciate e consentire una maggiore libertà nell’organizzazione del servizio e nella fissazione delle tariffe. In altre parole, concorrenza. Parola meravigliosa quanto indigesta a chi gode della possibilità di avere un numero di potenziali concorrenti ben definito e la garanzia di un “rischio di impresa” relativamente circoscritto. Quello che, con un termine forse  abusato, si potrebbe chiamare un privilegio. Privilegio che i tassisti sembrano voler difendere a tutti i costi e con qualsiasi arma a disposizione. Già  qualche anno fa si era visto quanto la categoria fosse in grado di condizionare le decisioni della politica sia grazie a pressioni all’interno dei palazzi che con plateali azioni di protesta. Ed oggi? Lo scenario appare mutato, il governo dei tecnici sta chiedendo sacrifici a tutti e il modello di protesta scelto dai tassisti sembra rivelarsi assolutamente controproducente. Quella dei sindacati dei tassisti appare come una posizione arroccata, una difesa ad oltranza di una posizione acquisita assolutamente incomprensibile alle altre categorie sociali che già hanno pagato il prezzo delle manovre “lacrime e sangue”. Il rischio che corrono è quello di trovarsi soli, abbandonati dall’opinione pubblica che mal sopporterebbe un abuso di quella speciale “licenza di scioperare e di agire” di cui hanno goduto in passato. Inoltre, e non è un tema da sottovalutare, la diminuzione della disponibilità economica delle famiglie italiane sta seriamente mettendo a rischio la possibilità per molti cittadini di avvalersi dei servizi offerti dai tassisti, mettendo così anche in serio rischio lo “spirito di servizio pubblico” che dovrebbe ispirare la categoria.