Sel e Idv in rapporto al Pd
Troppo a lungo il coraggio ha lasciato spazio ai tatticismi, agli equilibrismi, agli inciuci. La politica si è disabituata a scegliere, a sperare nel futuro e a guardare al passato. Convive in modo conflittuale con l’attualizzazione della questione morale, con la massa, di cui dovrebbe interpretare e, soprattutto conciliare, le esigenze. Nel Pd (come in molti partiti, sia chiaro) è sempre più forte la percezione di uno scollamento tra le aspettative della base, distanti e disattese dai vertici, e i leader. E’ storia, non è cosa nuova. Ed Enrico Letta la rispecchia in modo significativo affermando che Pd, Udc e Pdl devono dialogare per rivedere la legge elettorale. Tagliando fuori di fatto chi ha lottato contro il Porcellum e sembrava – o sperava di essere – l’alleato naturale per un’alternativa democratica: Sel e Idv.
[ad]Ma le distanze tra palazzo e militanti, che prima erano vissute come un fenomeno in evoluzione, diventano con prepotenza il passaggio obbligato del centrosinistra. L’ala sinistra del Pd può scegliere di girarci alla larga, dalla sua storia. O di viverla e attualizzarla. Ma la deve guardare dritta negli occhi, costretta a una decisione forzata dagli eventi. Il Pd ha due strade, a tutti sono note. E non esistono altre vie percorribili per risultati duraturi: stare con il Terzo Polo o concretizzare l’accordo di Vasto. Mentre gli equilibrismi in casa Pd continuano, Idv e Sel si saldano e scoprono nuovi punti di contatto nel contrasto all’ala centrista. Non sarebbe, la loro, una convivenza facile. Ma sembra fattibile.
Davanti a questa unità il Pd corre i maggior rischi: spaccarsi dovendo conciliare i tatticismi con le esigenze di una base che ricorda di essere nata a sinistra. “Il Partito Democratico non può diventare un partito moderato e neo-centrista. Nella sua intervista all`Unità pubblicata sul giornale di domenica, Nichi Vendola pone un problema concreto e reale. Non si può passare dalla foto di Vasto alla spericolata intesa con il terzo polo”. E’ stato chiaro il senatore del Pd Vincenzo Vita. Il suo pensiero però cozza con quello di una fetta del partito di Bersani, affascinata dal centro e da una innegabile maggioranza politica che potrebbe, ingoiando qualche rospo, trasformarsi in maggioranza di governo. Magari proprio con Monti. Il realismo politico così si rivela un boomerang: fa perdere un equilibrio che, poco prima dell’arrivo di Monti, sembrava ritrovato. La prossima assemblea nazionale del Pd sarà un banco di prova, ma non l’unico. Infatti il confronto con le anime del partito e le percezioni della base, della quale non si può ignorare il sentire, è già iniziato. Basta scorrere i commenti dei militanti che affollano la pagina Facebook di Pierluigi Bersani. “Avete l’ultimo appello. La gente andrà a Sinistra con voi o senza voi. Scegliete” scrive un elettore del Pd. Si sommano voci più possibiliste, vengono avanzate ipotesi di un’intesa con Casini, di una medicina amara da ingoiare nel nome del particolare momento storico. Ma c’è un fatto ineludibile: Sel vuole risposte, dà chiarezza, chiede al Pd di prendere una posizione. E’ forse la prima volta che mette il partito di Bersani davanti a una scelta: ascoltare la sua anima di sinistra e decidere, una volta per tutte, da che parte stare. Quello che è stato a lungo un invito fin troppo velato è divenuto un aut aut.
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