Il punto sulla rivolta dei forconi in Sicilia
Siciliani tra gli scaffali vuoti dei supermercati, siciliani in piazza con striscioni e forconi, siciliani in coda dai benzinai nella speranza di ottenere il poco gasolio rimasto a qualsiasi costo, e in alcuni casi anche a 1,8 euro al litro.
[ad]Qualcuno ha persino provato a rubarlo, cercando di sottrarlo da un autobus in sosta. Sono bastati quattro giorni di protesta per ridurre l’isola al lastrico, con il porto di Palermo presidiato, lo stabilimento petrolchimico di Gela a cancelli chiusi, gli svincoli autostradali bloccati dagli autotrasportatori e le rimostranze che sembrano non voler dar tregua.
E sotto la minaccia sempre crescente, avanzata da Confindustria Palermo, di una chiusura degli stabilimenti del capoluogo come contro-protesta, i forconi si incrociano e la lotta contro lo Stato padrone rischia di sfociare in un autogoal della Regione. Eppure sono ben altre le intenzioni del Movimento dei Forconi, nato la scorsa primavera dal sodalizio tra pastori sardi e agricoltori siciliani e ora deciso a chiedere, una volta per tutte, la defiscalizzazione dei carburanti e dell’energia elettrica, l’utilizzo dei fondi europei destinati allo sviluppo per la risoluzione della crisi dell’agricoltura e il blocco delle procedure esecutive della Serit, agenzia regionale di riscossione dei tributi.
Tra le richieste, anche la realizzazione di un’efficiente rete infrastrutturale, l’abbattimento del cartello rappresentato dalle compagnie assicurative e la riduzione dei costi della burocrazia. Così le ragioni dei manifestanti si accavallano e gli studenti spaventati per il futuro uniscono le loro rimostranze a quelle dei lavoratori delusi dal presente, in un urlo purtroppo confuso che pare l’eco degli Indignados spagnoli o addirittura quello dei ben più lontani fasci siciliani. Non contribuisce certo a far luce sulla questione la televisione italiana, che spegne, o quasi, i propri riflettori su pescatori e camionisti, alleati con la rete appesa al chiodo e autocarri abbandonati di traverso in mezzo a una strada.
Accade che, mentre il presidente di Confindustria in Sicilia Ivan Lo Bello sostiene a gran voce la presenza di infiltrazioni mafiose tra gli scioperanti, a smentire tali accuse e prendere le parti del movimento dei forconi sono gli esponenti di Forza Nuova e Futuro e Libertà. “Abbiamo rilevato direttamente, e attraverso i nostri associati, la presenza di personaggi legati alla criminalità organizzata tra gli agricoltori e gli autotrasportatori in protesta”, ha dichiarato Lo Bello ieri mattina, senza azzardare alcun nome e esprimendo le proprie preoccupazioni per i danni causati al sistema imprenditoriale.
Immediata la smentita di Martino Mosello, tra i rappresentanti del nuovo movimento, e più inaspettata quella del vicecoordinatore di Futuro e Libertà Fabio Granata e dei militanti di Forza Nuova. Questi ultimi addirittura incalzano, invitando i cittadini a unirsi nella lotta e guardando ai forconi con speranza rinnovata, mentre il nuovo movimento del mezzogiorno si vede appioppare un’identità politica mai desiderata e perde, almeno nell’immaginario comune, l’apartiticità continuamente rivendicata.
Intanto, il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo, chiede con toni pacati un confronto con il presidente del Consiglio, mettendo sul tavolo gli argomenti a suo parere più scottanti, quali le accise sulla benzina, i costi del traghettamento e la viabilità autostradale. Starà a Monti decidere se prestare orecchio ai nuovi moti siciliani, se prendere provvedimenti repressivi come fece Crispi a suo tempo o ignorare i manifestanti, coerentemente col suo nuovo ruolo di capo di un governo tecnico.