Qualcuno da biasimare

La vicenda del capitano Schettino è l’ultimo esempio di un atteggiamento ormai diventato sport nazionale: la caccia alla persona da biasimare. Non che io giustifichi o consideri meno che vergognoso il suo comportamento, ma trovo che l’onda di odio e di disprezzo pubblico che ogni secondo si deve vedere dovunque sia un brutto segno. Schettino dev’essere giudicato per ciò che ha fatto e presumibilmente verrà condannato secondo le leggi vigenti. Ma farne l’oggetto del nostro odio e del nostro disprezzo a vita non serve a nulla. Quello che serve è chiedersi perché siamo arrivati a questa situazione e smettere di coprire i comportamenti pericolosi e dannosi che vediamo. Quando un comportamento pericoloso si ripete regolarmente (ed è certamente il caso della navigazione troppo vicino alle coste) e nessuno dice nulla è troppo facile scaricare tutto il disprezzo sul colpevole dell’ultima gesto. La colpa è anche di chi ha taciuto.
Questa voglia di cercare il colpevole unico da disprezzare è diffusissima. Si trova la persona da biasimare e così si è risolto il problema.
Vale per tutti i settori: c’è la crisi? Si biasimano le grandi banche, i grandi evasori, i politici che non hanno fatto nulla, si inventano teorie di cospirazioni di modo da poter biasimare pochi colpevoli ed è finita lì. Ridurre il numero dei colpevoli è efficacissimo: si concentra l’odio su pochi, possibilmente lontani da noi, e poi si continua la stessa vita di prima.
Peccato che non possa funzionare a lungo. La crisi è colpa dei comportamenti collettivi. Tutti noi siamo colpevoli di aver taciuto di fronte allo sfruttamento dei più deboli, di fronte alla trasformazione della scuola in diplomificio, di fronte alle prassi illegali. Siamo responsabili tutti. Ci sono milioni di giovani che non lavorano e non studiano perché hanno perso ogni speranza. La colpa è del governo e della politica che non ha fatto nulla? Sì, anche, senza dubbio. Ma è anche colpa di quei giovani che non fanno nulla, delle loro famiglie che lo permettono. Ed è colpa nostra che abbiamo lasciato degenerare la società in questo modo per amore del quieto vivere.
Allora è colpa di tutti e tutti colpevoli nessuno colpevole?
No, non è questo il punto. Il punto è che dopo aver identificato le colpe (in alcuni casi giudiziarie, in altri politiche e in altri morali) deve scattare il secondo passo: la compassione.
Schettino è colpevole, certo, e la magistratura prenderà i dovuti provvedimenti. Ma il compito di chi è fuori è chiedersi cosa ha spinto e spinge un capitano a un simile comportamento. Sforzarsi di capire quali passioni lo hanno mosso e lo muovono è l’unico modo di evitare la stessa situazione si ripresenti tra qualche anno.
I giovani che non studiano e non lavorano hanno le loro colpe, ma se non ci si sforza di capire cosa paralizza così tante persone non si riuscirà a risolvere il problema.
Il mondo del commercio che vive di elusione se non evasione da cosa è mosso? La sfiducia nello Stato da cosa è causata? Come può essere rimossa? Cosa spinge i clienti a essere conniventi e come si può cambiare questo stato di cose?
Quali idee, quali sentimenti, quali passioni si agitano nella testa di tutte queste persone?
La compassione di cui parlo non è pietismo o voglia di giustificare tutto. Le colpe sono colpe, vanno chiamate col loro nome e condannate. Ma poi bisogna ripartire, poi bisogna andare oltre.
Non possiamo fermarci a guardare il mondo con disgusto e indignazione, dobbiamo chiederci come renderlo migliore. E per renderlo migliore dobbiamo trovare il modo di guardarci gli uni gli altri con comprensione di modo da poter avanzare insieme. L’alternativa è la guerra tutti contro tutti, è l’odio generalizzato e la conseguente paralisi totale.

 

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