Avviata la transizione tra l’attuale e la futura amministrazione statunitense, sono stati rivelati alcuni dei nomi scelti da Biden. Analizziamo le figure dei futuri responsabili della politica interna ed estera degli Stati Uniti.
Precisazione: alcune delle persone scelte da Biden e di cui si parla nell’articolo, devono ancora essere confermate in quel ruolo dal voto del Senato. Il testo è scritto nell’ottica che le intenzioni di Biden si realizzino e queste persone assumano i ruoli qui descritti.
Quadro generale del team Biden
Gli uomini e le donne scelti da Biden hanno quasi tutti maturato esperienza nell’amministrazione Obama e di conseguenza sono persone fidate di Biden. Tra i nomi molte donne, il primo immigrato alla guida della sicurezza nazionale e uno schiaffo simbolico a Trump. Con Biden tornerà la figura dell’Inviato speciale del presidente per il clima, affidata al democratico di lungo corso John Kerry.
Biden ha anche annunciato che Kerry farà parte del Consiglio per la sicurezza nazionale, la prima volta per un Inviato per il clima. Questo fa capire che la lotta ai cambiamenti climatici sarà un punto fermo di questa amministrazione.
Chi è John Kerry?
Veterano di guerra e della politica, dopo aver servito nella Marina durante la guerra del Vietnam, Kerry è diventato un simbolo della lotta contro la stessa guerra. Durante la guerra, raggiunse il grado di tenente e venne insignito di tre Purple Heart medals e di una Bronze Star.
Nel 2013, Obama lo sceglie come nuovo segretario di Stato dopo che la uscente Susan Rice si ritirò dalla corsa in seguito all’attacco a Bengasi. Il suo primo traguardo fu quello di riuscire a far partire i negoziati tra emissari israeliani e palestinesi, nel corso dei colloqui di pace del 2013-14. Come Segretario di Stato si schierò con Israele e il suo diritto a difendersi durante il conflitto a Gaza nel 2014.
Perché Biden ha scelto Kerry per l’Ambiente?
Durante il suo mandato come Segretario di Stato, Kerry ha lavorato alle negoziazioni che hanno portato agli Accordi di Parigi sul clima. E in un caso di dejà vu politico, firmerà gli accordi una seconda volta.
Il 4 agosto 2017, l’amministrazione Trump ha inviato una nota ufficiale alle Nazioni Unite per comunicare la propria volontà di abbandonare gli accordi appena possibile. Dato che la notifica di ritiro poteva essere depositata solo dopo tre anni che gli accordi erano in vigore, la richiesta è stata depositata solo il 4 novembre 2019. Un anno più tardi è avvenuto l’effettivo ritiro.
Subito dopo la sua vittoria, Joe Biden ha dichiarato che riporterà il Paese dentro l’Accordo nel suo primo giorno da presidente. Biden che ha parlato di un piano da due trilioni di Dollari (divisi in quattro anni) per sviluppare energia pulita e porre fine all’emissione di anidride carbonica.
Nonostante un’iniziale opposizione all’energia nucleare, negli ultimi anni Kerry ne è diventato un sostenitore. Il futuro zar del clima ha sostenuto che date le sfide del mondo attuale e dati i progressi delle tecnologie a supporto dell’energia nucleare, bisogna sfruttarla per eliminare le emissioni inquinanti.
La prima donna a capo dell’intelligence nazionale
Tra le prime volte dell’amministrazione Biden c’è la prima donna scelta per guidare l’intelligence nazionale. Biden ha nominato in questo ruolo Avril Haines, anch’essa con esperienza nell’amministrazione Obama.
Avril Haines, classe 1969, è una ricercatrice e docente presso la Columbia University e la John Hopkins University in Fisica Applicata. Dopo il diploma trascorre un anno a Tokyo nel Kodokan Judo Institute per poi iscriversi all’Università di Chicago e studiare Fisica teorica
La carriera politica
Il primo incarico politico di Avril Haines è quello di legale presso la Conferenza de l’Aia sul Diritto internazionale, di lì a poco diventa assistente del giudice della Corte d’appello Danny Boggs. Nei successivi anni ricopre svariati incarichi tra il Dipartimento di Stato e la commissioni esteri del Senato. Dal 2010 inizia a lavorare per la Casa Bianca, venendo nominata sia vice-assistente del presidente che vice-consigliera per la sicurezza nazionale.
Nel 2013 viene scelta da Obama come nuova consigliera legale del Dipartimento di Stato ma successivamente lo stesso presidente cambia idea e la nomina invece vice-direttrice della CIA. La prima donna ad assumere l’incarico. Cinque anni più tardi, fu una dei più forti sostenitori della nomina di Gina Haspel come direttore dell’agenzia. La scelta di Haspel da parte di Trump fu ritenuta controversa perché nel 2002, questa era a capo di un black site della CIA in Tailandia dove i detenuti venivano regolarmente torturati.
Haines promette verità scomode a Biden
Dopo l’annuncio della sua scelta, Avril Haines ha dichiarato che intende parlare con Biden in maniera franca e riportare anche verità che potrebbero non piacergli. Questo appare come un altro punto di contrasto con l’amministrazione Trump.
Haines ha sottolineato come i suoi predecessori apparissero più fedeli a Trump che alla loro posizione e spesso utilizzassero il loro ruolo per gli interessi del presidente più che della nazione. Avril Haines ha inoltre dichiarato che avendo lavorato per Biden per lungo tempo, sa che il presidente eletto non si aspetterebbe un comportamento diverso da questo da lei.
Alcuni critici hanno mosso preoccupazione per la nomina di Avril Haines, alla luce del suo ruolo nell’amministrazione Obama nell’individuare i bersagli degli attacchi con i droni. Questo perché secondo alcuni, tra cui l’Unione Americana per le Libertà Civili, questi attacchi violano le leggi internazionali sui diritti umani.
Il braccio destro di Biden
Si dice che la persona scelta da un presidente come Segretario di Stato, dica molto della politica estera che intende perseguire. Per questo ruolo, Biden ha scelto il suo braccio destro Tony Blinken.
Cresciuto in una famiglia di fede ebraica è figlio dell’investitore finanziario ed ex ambasciatore in Ungheria Donald Blinken. Dopo aver studiato ad Harvard e alla Columbia Law School, ha il suo primo assaggio di politica quando lavora per raccogliere i fondi per la campagna presidenziale di Michael Dukakis (elezioni del 1988, perse contro George H. W. Bush).
La carriera politica
Dal 1994 al 2001 è stato membro del Consiglio della sicurezza nazionale, prima con Clinton e poi con Bush. Nel 2002 diventa direttore dello staff della commissione per le relazioni estere del Senato e mantiene l’incarico fino al 2008. Successivamente entra a far parte del team per la campagna presidenziale di Biden nel 2008 e in seguito della squadra per la transizione da Bush-Cheney a Obama-Biden.
Con Obama diventa vice-assistente del presidente e vice-consigliere per la sicurezza nazionale del vice-presidente. In queste vesti è in prima linea nella formulazione delle strategie per l’Afghanistan e il Pakistan, oltre che per il programma nucleare iraniano. Negli anni seguenti Blinken avrà un ruolo chiave anche nelle politiche implementate in Siria e in risposta all’annessione della Crimea da parte della Russia.
Visioni politiche
Per Tony Blinken le alleanze sono una parte vitale della strategia globale degli Stati Uniti. Convinto europeista, è un forte sostenitore dell’alleanza transatlantica. Blinken ha fortemente criticato la decisione di Trump di rimuovere parte delle truppe americane in Germania, sostenendo che questa mossa avrebbe indebolito la NATO e rafforzato Putin. Per Blinken, qualunque problema internazionale deve essere affrontato insieme agli alleati del Paese ed entro i limiti dei trattati vigenti. Come Segretario di Stato il suo obiettivo sarà quello di ristabilire la fiducia negli Stati Uniti che l’amministrazione Trump ha minato con alcuni alleati.
Un’altra caratteristica di Blinken è la sua tendenza all’interventismo: oltre a sostenere l’invasione dell’Iraq nel 2003, è stato a favore anche dell’intervento in Siria nel 2011. Blinken sostiene che la diplomazia debba essere supportato dalla deterrenza e che a volte, l’uso della forza sia necessario.
La nuova ambasciatrice all’ONU
Continuando sulla linea dell’esperienza, Joe Biden ha scelto Linda Thomas-Greenfield come ambasciatrice americana alle Nazioni Unite (ufficialmente Rappresentante permanente per gli Stati Uniti d’America alle Nazioni Unite). Classe 1952, dopo la laurea ha insegnato Scienze politiche alla Bucknell University fino all’inizio della carriera politica nel 1982.
Nativa della Louisiana, ha raccontata che nella sua cittadina il KKK conduceva regolarmente spedizioni punitive nei fine-settimana, che si concludevano con l’incendio di una croce nel giardino di qualcuno. Il razzismo l’ha accompagnata anche negli anni dell’università ma questo non le ha impedito di ottenere grandi risultati anche nel campo accademico.
Perché Biden l’ha scelta?
Figura di grande esperienza con l’estero, ha ricoperto innumerevoli incarichi collegati alle relazioni con altri Paesi. È stata vice-assistente segretaria per l’ufficio per la popolazione, i rifugiati e la migrazione, ambasciatrice in Liberia e direttrice generale dei servizi esteri e delle risorse umane. Più recentemente, dal 2013 al 2017, è stata assistente segretaria di Stato per gli affari africani, presso il Dipartimento di Stato.
Dopo oltre un decennio al Dipartimento di Stato, ha ricevuto il ben servito dal presidente Trump. Molti impiegati del Dipartimento hanno espresso apprezzamento per la scelta di Linda Thomas-Greenfield, perché la ritengono in grado di ripristinare la credibilità del Dipartimento stesso in ambito internazionale.
L’amministrazione Trump non ha avuto un rapporto idilliaco con molte agenzie delle Nazioni Unite, con azioni come il taglio dei fondi al WHO e l’avvio del processo di uscita dallo stesso. Trump ha anche fatto lasciare agli Stati Uniti il Consiglio per i diritti umani.
Un’altra fattore chiave è il fatto che Biden abbia scelto come ambasciatore una donna di colore, dato che il Dipartimento di Stato ha la fama di essere “pallido, maschio e Yale” (in originale “pale, male and Yale). Il tutto è reso ancora più significativo dal fatto che la donna di colore in questione è stata precedentemente licenziata da Trump.
Il primo latino a guidare la sicurezza interna
Anche per la sicurezza interna, Joe Biden ha scelto di affidarsi a un veterano del settore. Alejandro Mayorkas è l’uomo scelto per guidare il dipartimento nato dopo l’undici settembre.
Nato a L’Avana, si trasferisce con la famiglia negli Stati Uniti prima ancora di compiere un anno, a seguito della rivoluzione cubana. Cresce a Miami per poi trasferirsi a Los Angeles, in seguito completa la sua formazione accademica sempre in California, studiando prima a Berkeley e poi alla Loyola Law School. In seguito lavora come collaboratore legale presso uno studio privato.
La carriera legale
Dopo aver lasciato la pratica privata, diventa assistente al procuratore del Distretto centrale della California nel 1989. Qui si fa le ossa specializzando nei crimini dei colletti bianchi e partecipando all’operazione PolarCap, contro il più grande caso di riciclaggio di denaro nella storia del Paese.
Dopo questa esperienza, viene raccomandato al presidente Clinton come Procuratore dello stesso distretto, diventando il più giovane ad assumere tale incarico. Qui si trova a lottare e condannare a morte membri della mafia messicana, assassini con motivazioni razziali e l’organizzazione malavitosa transnazionale Calle 18.
Nell’amministrazione Obama
Nel 2008 il presidente eletto Obama sceglie Mayorkas come membro del suo team di transizione presidenziale. L’anno seguente diventa Direttore dei servizi per la cittadinanza e l’immigrazione. In questo ruolo si fa promotore di una campagna per la cittadinanza statunitense agli aventi diritto e per la difesa del sistema immigratorio. Attira anche controversie, con una riforma che permette di ottenere lo status di residenza permanente per le persone che investono almeno mezzo milione di Dollari in attività che creano posti di lavoro. Questo perché alcuni dei beneficiari avevano dei presunti legami con politici e altri avessero fondi di dubbia provenienza.
La nomina a vice-segretario della sicurezza interna
Nel giugno 2013, Alejandro Mayorkas diventa il più alto funzionario cubano-americano nell’amministrazione Obama, quando viene scelto come vice-segretario alla sicurezza interna. In questa veste è in prima linea nella lotta alle epidemie di Ebola e del virus Zika tra il 2013 e il 2016. Dopo il miglioramento dei rapporti tra Cuba e gli Stati Uniti, è a capo della delegazione americana a Cuba e tratta con il Governo cubano sui temi della sicurezza marittima e sui viaggi tra i due Paesi. In seguito si occupa delle operazioni di anti-terrorismo e quelle contro i crimini informatici.
Jake Sullivan e l’obiettivo di restaurare le alleanze
L’uomo scelto da Biden come Consigliere per la sicurezza nazionale, è il suo fedelissimo Jake Sullivan. Classe 1976, studia a Yale per poi iniziare a lavorare come assistente del giudice della Corte d’Appello Guido Calabresi. Successivamente lavora per uno studio privato e insegna come professore associato alla St. Thomas School of Law di Minneapolis.
La carriera politica
Inizialmente consigliere di Hillary Clinton alle primarie del 2008, poi si sposta nel team di Obama per elezioni presidenziali. Quando la Clinton diventa Segretaria di Stato, ne diventa vice-capo del personale e in seguito direttore della pianificazione delle politiche. Dopo le dimissioni di Hillary Clinton, diventa il principale consigliere alla sicurezza del vice-presidente Biden. Qui assume un ruolo chiave nel determinare le politiche statunitensi nei confronti di Libia, Siria e Myanmar.
Jake Sullivan è stato tra i membri dell’amministrazione Obama che hanno avviato i contatti con i politici iraniani per il futuro accordo sul nucleare.
Dopo la fine dell’amministrazione Obama, diventa il capo consigliere per la politica estera di Hillary Clinton nelle presidenziali del 2016. In seguito alla sconfitta della stessa nei confronti di Trump, rilascia dichiarazioni dopo ammette di sentire un senso di responsabilità nella mancata vittoria.
Nel team Biden
Subito dopo l’annuncio della sua scelta come consigliere per la sicurezza nazionale, dichiara che la priorità del Consiglio di sicurezza sarà l’epidemia del Covid-19, riportare la salute pubblica tra le priorità nazionali e il rapporto con la Cina. Oltre a questo, ha dichiarato che l’amministrazione Biden si impegnerà per riparare i danni fatti da Trump nei rapporti con gli alleati del Paese.