L’Assemblea nazionale del PD, vista e vissuta da una delegata “qualunque”
Venerdì e sabato si è tenuta a Roma l’Assemblea Nazionale del Partito Democratico.
La prima post Berlusconi, nella nuova era del governo Monti.
Le assemblee romane del PD si svolgono sempre alla Fiera di Roma, un “non luogo” immerso nel nulla, a un’ora e passa di distanza dal centro della città.
[ad]La scelta di una location accessibile con difficoltà e di così scarso appeal, è sempre stata giustificata dal numero dei delegati (1.000), più i numerosi invitati, giornalisti ecc… che normalmente seguono le assemblee.
Questa volta ci troviamo in una sala molto più piccola del solito (500 posti), probabilmente suggerita dal numero di delegati che hanno confermato la loro partecipazione.
Evidentemente non tantissimi e comunque non tutti.
Forse anche scoraggiati dal programma inviato dal partito nazionale, abbastanza generico e non molto accattivante per il delegato “qualunque” (senza incarichi e/o ruoli particolarmente significativi, nel partito e/o nelle istituzioni), sempre in dubbio se sentirsi considerato parte attiva del “gruppo dirigente” (come ci definisce il segretario Bersani), chiamato quindi a prendere decisioni, oppure soltanto elemento di complemento di una scenografia, allestita per una sceneggiatura già scritta.
Lo schema di questa assemblea sembra essere costruito sulla seconda opzione.
Dopo la relazione introduttiva del segretario (seguita da una platea insolitamente poco calorosa ma accompagnata da un intenso “live twitting”) si susseguono gli interventi degli europarlamentari del PD.
Il cuore dell’assemblea si sposta fuori dalla sala: interviste, chiacchiere, contatti. Servono anche a questo le riunioni assembleari.
Rientro precipitoso in sala per la chiusura del pomeriggio affidata a Massimo D’Alema, ascoltato da tutti con il silenzio riservato ai big.
La mattinata di sabato ripropone lo schema del giorno prima: si susseguono gli interventi (venerdì il tema in discussione era l’Europa, sabato il focus è sull’Italia) che appaiono già tutti programmati (non sembra esserci spazio per chi volesse estemporaneamente intervenire).
Chiude il segretario Bersani, molto più in palla e convincente di quanto non sia stato in apertura di assemblea. Ci mette tutta la sua passione, il suo stile personale di narrazione e la platea si scalda. Finalmente.
Solo un ultimo (e unico) piccolo “fuori programma”. Si decide di non votare l’ordine del giorno presentato da Pippo Civati e da altri delegati che chiedeva un impegno preciso per stilare in un tempo ragionevole un regolamento per le primarie per scegliere i parlamentari, qualora non si riuscisse a modificare in tempo utile la legge elettorale.
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