Matteo Renzi passa al contrattacco. Nel corso della direzione del Partito democratico di oggi pomeriggio il segretario mette in campo le sue ricette e sprona il governo ad agire. E, cosa più importante, invita il Pd a “non avere paura”, perché “se dopo 20 la nostra capacità di prendere i voti è tale che basta che Casini vada di là e Bossi stia con Berlusconi per impaurirci, il problema ce l’abbiamo noi”. Non è quindi la legge elettorale che decide chi vince le elezioni, i voti vanno presi: “Con molta franchezza – insiste il segretario – trovo discutibili alcune reazioni di queste ore e giorni per cui forti di alcuni sondaggi con l’Italicum vince Berlusconi. Le elezioni si vincono o si perdono se si prendono i voti non se si cambia sistema elettorale“.
E a proposito di elezioni, Renzi comincia a gettare le basi per una futura alleanza: “Alle elezioni vedo un simbolo del Pd ma accanto do per scontato sia un raggruppamento di moderati che non vuole stare con il Pd ma neanche dall’altra parte e presumibilmente una parte della sinistra”.
Il capitolo riforme prosegue con la profonda revisione del Senato, formato da soli 150 membri: “Se vogliamo fare davvero la Camera delle autonomie per la conformazione storica, geografica e di politica culturale dell’Italia, deve essere incentrata più sui sindaci che sui consiglieri regionali”. “Se riusciamo a tenere insieme il pacchetto delle riforme e a dimostare che si può rimettere in moto la capacità” di recuperare “la relazione tra eletti ed elettori, allora – prosegue il sindaco di Firenze – sconfiggiamo nel modo più efficace l’antipolitica e chi impedisce di parlare un capogruppo in sala stampa”. Poi la stoccata al M5S: così facendo, dichiara Renzi, “libereremo una parte di quei prigionieri politici incastrati nel blog di grillo che sono pronti a uscire”.
Il percorso di riforma del Senato e del titolo V, annuncia poi il segretario del Pd, partirà “a febbraio” e sarà una “poderosa iniziativa” collegata con la riforma elettorale. “C’è un’intesa con le principali forze politiche – spiega – e questo doppio lavoro dopo il 15 febbraio sarà affidato alla discussione parlamentare: sul superamento del Senato si partirà al Senato, sul Titolo V alla Camera. E’ una poderosa iniziativa costituzionale”.
Il segretario tocca i complicati rapporti tra il Pd e il governo Letta: “Se ci sono stati problemi” per l’esecutivo “non li ha mai posti il Pd, che non ha mai fatto mancare il suo appoggio in nessun passaggio rilevante. La nostra fiducia è sempre stata costante”. “Nessuno qui dentro ha mai detto che l’accelerazione sulle riforme è un errore, se siamo ad un passo dal pacchetto delle riforme è perché ha preso un’iniziativa il Pd. Il Pd dà una mano al paese in questo modo”.
Infine capitolo rimpasto, su cui Renzi si chiama fuori lasciando mani libere al Presidente del Consiglio: “Ho discusso anche in modo acceso con Fassina rispetto al fatto che secondo me la linea da seguire era che il Pd non dovesse chiedere un rimpasto. Perché io penso che l’idea che uno vince il congresso e il giorno dopo chiede di avere un governo più assomigliante a se stesso, sia un meccanismo che avesse un senso solo nella prima repubblica e non adesso”.”Il giudizio sul governo e sui ministri spetta innanzitutto al presidente del Consiglio: se ritiene che le cose vadano bene come stanno andando, che vada avanti. Se ritiene che ci siano dei cambiamenti da apporre, affronti il problema nelle sedi politiche e istituzionali, indichi quali e giochiamo a carte scoperte“.
Letta: non voglio gallegiare. A prendere la parola in Direzione, dopo Renzi, è stato Enrico Letta. Di fronte ai problemi “non è possibile galleggiare”, afferma. “Non è possibile pensare di uscire galleggiando e tutto voglio tranne che questo”, chiarisce il premier.