L’ex senatore Silvio Berlusconi continua la sua personale campagna elettorale permanente in vista delle elezioni regionali sarde del 16 febbraio e delle Europee di maggio. Ma il Cavaliere, politico decaduto ma mai decadente, punta al voto anticipato per la scelta di una nuova maggioranza di governo. L’approvazione – per nulla scontata – della legge elettorale potrebbe accelerare i propositi del leader di Forza Italia, che in questo momento sembrerebbe trovare anche il favore di Matteo Renzi.
Durante un collegamento telefonico con la sede di Alghero del comitato “Cappellacci presidente”, l’ex premier ha ribadito la sua linea politica: “Noi dobbiamo riportare i moderati ad essere quello che sono nella realtà, cioè la maggioranza nel Paese”. Poi ha confermato: “Dobbiamo prepararci alle elezioni perché saranno importanti: o la va o la spacca”. Non ha però fatto sapere se si svolgeranno entro l’anno.
E in una seconda telefonata al club di FI della Bassa friuliana, Berlusconi ha presentato il sua ennesimo compendio politico: “Ho finito stanotte un instant book che distribuiremo a breve ai club. Ho speranza che quello che successe in due mesi nel ’94 si possa ripetere”. Berlusconi non scorda, a distanza di 20 anni esatti dalla discesa in campo, la larga e umiliante vittoria sulla Gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto: il Cavaliere vuole trionfare di nuovo rigiocando la briscola forzista e non esita a rispolverare addirittura il fantasma del comunismo: “Ho la sensazione che questa volta sia come nel ’94. Ho la sensazione che il nostro appello sara’ raccolto da milioni e milioni di italiani”, ha detto l’ex premier ricordando che “allora mi ero rivolto agli italiani quando la partita sembrava gia’ vinta dalla sinistra. Io avevo il terrore per il comunismo”
“Dobbiamo aprirci alla gente – ha ripetuto Berlusconi ai suoi sostenitori – e ogni club dovrà avere ad ogni seggio presente sul territorio italiano un guardiano che si occupi della regolarità del voto”. E ha concluso, a sorpresa, tuonando contro lo stesso Porcellum fino a ieri a lui tanto caro: “Mai più un parlamento di nominati”, nonostante abbia posto il veto sulle preferenze nella famosa trattativa con Renzi al Nazareno.