Mirafiori
Cliccando QUI è possibile scaricare il pdf integrale della “Analisi del voto del Referendum di Mirafiori”, ricerca presentata il 2 marzo a Roma a margine del workshop a porte chiuse organizzato dalla Fondazione Rodolfo Debenedetti alla presenza di Emma Marcegaglia (presidente Confindustria), Susanna Camusso (Cgil), Raffaele Bonanni (Cisl), Luigi Angeletti (Uil), parlamentari come Giuliano Cazzola, Paolo Nerozzi e Pietro Ichino e studiosi presso università, ISTAT e Banca d’Italia.
I referendum della FIAT di Pomigliano e Mirafiori hanno riaperto il dibattito economico e politico sulle relazioni industriali in Italia. Il nostro studio è il primo tentativo di andare oltre le tensioni e le strumentalizzazioni del voto per spiegare le motivazioni delle scelte di tutti i lavoratori – non soltanto dei gruppi mediaticamente più esposti – a partire dalle caratteristiche democgrafiche, dagli orientamenti ideali e dall’ambiente di lavoro in cui sono inseriti.
Termometro Politico, società spin-off di consulenza e ricerca demoscopica applicate alla politica, agli studi sociali e alle inchieste d’opinione, ha condotto un’indagine, completamente anonima e svolta in maniera indipendente da sindacati e Fiat.
I risultati presentati sotto si riferiscono dunque a un’indagine condotta il 13 e il 14 gennaio con metodo PAPI (Paper-and-Pencil Interviewing), tramite interviste face to face a un campione casuale di 510 operai di Mirafiori sui 4.968 operai aventi diritto, cui è stato somministrato un questionario (Appendice I nel pdf) a ciascuno dei turni di ingresso e uscita dallo stabilimento nei giorni del voto. Il margine d’errore stimato è del 3 per cento. Le osservazioni sono state pesate al fine di eguagliare il totale dei sì e dei no a quelli effettivamente registrati tra gli operai di Mirafiori.
La ricerca è stata svolta con la collaborazione del prof. Tito Boeri (Università Bocconi) e del prof. Fabiano Schivardi (Università di Cagliari) de La Voce.info.
SCHEDA RIASSUNTIVA
Alcuni dei dati più significativi:
- Motivazioni del voto
Sia tra chi ha votato Sì sia tra chi ha votato No prevale nettamente la percezione che il nuovo contratto sia stato imposto: il 75% di chi vota Sì lo ha fatto per “salvare il posto di lavoro” mentre per il 78% di chi ha votato No si tratta di un “ricatto”. Solo una minoranza giudica l’accordo positivamente. Come risultato della polarizzazione dello scontro solo un’esigua minoranza esprime un dissenso su contenuti specifici dell’accordo. (Tabelle 3 – 4 ).
Anzianità di servizio, età e figli non sembrano essere determinanti significative del voto, mentre lo è importante presenza di un coniuge a carico.
- Risultato del voto e affiliazione sindacale/politica
La fedeltà alle indicazioni del sindacato è stata piuttosto forte: il 90% degli iscritti alla Fiom ha votato No, mentre il 75% degli iscritti a sindacati firmatari ha votato Sì. Fondamentale è stato quindi il voto dei non iscritti al sindacato − circa la metà dei lavoratori di Mirafiori − che si sono espressi con il 54% per il Sì. (Tabella 1).
Anche l’appartenenza politica sembra avere un’influenza sulla scelta di voto: gli operai di centro-destra, a parità di condizioni demografiche e appartenenza sindacale, sono più propensi a votare Sì al referendum, mentre gli operai di centro-sinistra sono più propensi a votare No.
- Fiducia in Marchionne e nei sindacati
Anche tra chi ha votato Sì la fiducia nell’amministratore delegato non supera il 30% ma anche la fiducia nei confronti dei sindacati firmatari non supera il 30%. Solo gli iscritti alla FIOM e ai sindacati contrari all’accordo dichiarano di avere fiducia nel proprio sindacato. (Tabelle 5-6). Si noti che la fiducia verso i sindacati diminuisce leggermente ma significativamente con l’età degli operai.
- Condizioni sociali e di lavoro
Il voto di Mirafiori è stato influenzato da un lato da questioni di principio, legate alla percezione dell’accordo come un ricatto e dalla polarizzazione ideologica delle parti. Tuttavia, a parità di condizioni demografiche e preferenze ideologiche, le condizioni di lavoro in fabbrica restano una delle cause più significative del voto: la proporzione di no è infatti significativamente più alta tra chi è insoddisfatto della qualità del lavoro e crede meno in aumenti salariali.
Per il futuro il 59% degli intervistati chiede migliori condizioni di lavoro mentre il 41% preferisce aumenti salariali. (Fig.8) Operai più giovani e con coniuge a carico sono i più interessati ad aumenti di stipendio (Fig.9).
Ricerca condotta da Lorenzo Pregliasco, Umberto Marengo, Andrea Garnero e Gianandrea Lanzara